Il mistero dell’omicidio irrisolto dell’avvocato Ugo Triolo

Corleone, 26 gennaio 1978: con nove colpi di pistola viene freddato l’avvocato Ugo Triolo, di rientro presso la sua casa di via Cammarata; la sua morte, ancora oggi, è avvolta nel mistero. Vice pretore onorario di Prizzi, da tutti considerato come simbolo di giustizia, Ugo non aveva mai avuto a che fare con la malavita. Tra i primi a indagare sulla sua morte anche Mario Francese, cronista del Giornale di Sicilia, cui toccò la stessa sorte: anch’esso venne ucciso a un anno esatto dal primo omicidio, il 26 gennaio 1979.

Sconosciuto il movente, ignoti gli assassini: l’unica certezza è che Ugo Triolo fu vittima di mafia, come ha scritto il gip di Caltanissetta, e che non intendeva sottostare ad alcun ricatto, come hanno appurato le indagini. Ma quale ricatto? E ad opera di chi? Su questi temi ancora oggi si procede per ipotesi. Tra quelle maggiormente accreditate c’è quella che vede al centro della vicenda un appezzamento di terreno di proprietà dell’avvocato, che quest’ultimo non avrebbe voluto cedere ai mafiosi. In una dichiarazione rilasciata al capitano dei carabinieri Pettinato (l’unica tra tutte le dichiarazioni dei pentiti di mafia in cui si faccia riferimento a questa vicenda) il mafioso Giuseppe Di Cristina attribuisce ai corleonesi sia l’omicidio di Ugo Triolo che quello del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo.

Il legame tra i due omicidi è proprio quell’appezzamento di terreno di proprietà dell’avvocato, sito nel vallone Poggio San Calogero, per il quale l’avvocato aveva chiesto e ottenuto la concessione trentennale per la deviazione dell’acqua di due sorgenti, che avrebbero però dovuto alimentare la diga di Piano Campo, la cui costruzione era in progetto. Costruzione che, per volontà dello stesso Totò Riina, doveva essere affidata alla ditta Costanzo di Catania. La causa dell’omicidio del colonnello è da ricercarsi proprio nel suo interessamento per far aggiudicare invece i lavori di costruzione alla ditta “Saibeb”, che fu considerato un vero e proprio affronto al clan dei corleonesi a cui reagire.  Ma quale fosse il reale interesse della mafia nei confronti di quel terreno, tale da provocare l’omicidio dell’avvocato di fronte al suo rifiuto, ancora oggi rimane un mistero. A distanza di 40 anni ancora molti sono gli interrogativi a cui dare una risposta; chi fossero i mandanti e gli esecutori materiali del delitto, cosa si celasse dietro quel terreno, e perché la diga non fu mai costruita.

di Leandra Gallinella