Gaza: due popoli e una sola una terra

Il popolo palestinese e quello israeliano sono stretti in un abbraccio mortale. La storia li ha portati a contendersi uno stesso territorio ma sono state le scelte politiche dei due gruppi dirigenti ad armarli uno contro l’altro.

Pur formalmente contrapposte le èlite politiche e militari, salvo rare eccezioni, si sono, nei fatti, sostenute a vicenda nel folle tentativo di sciogliere quell’abbraccio con l’annientamento della parte avversa. Una scelta che ha prodotto solo la perdita di vite umane e la crescita dell’odio.

All’interno della classe politica israeliana, tradizionalmente, si sono confrontate due opzioni politiche. Una, incarnata dai nazionalisti e dai fondamentalisti religiosi ferocemente a favore dell’occupazione territoriale e della creazione di insediamenti coloniali israeliani nei territori occupati.

L’altra, quella un tempo sostenuta dalla sinistra laburista e che ha portato agli accordi di Oslo,  più disponibile all’apertura di un dialogo con i Palestinesi è morta con Yitzhak Rabin, il primo ministro assassinato da un colono israeliano il 4 novembre 1995. Da quel momento la sinistra israeliana, incapace di costruire la pace e  di difendere le classi più povere dagli effetti della liberalizzazione dell’economia, si è ridotta ad un fantasma politico.

Oggi, senza più nessuna opposizione organizzata, la linea dell’intransigenza domina incontrastata in Israele.

Nel campo opposto, la crisi della classe dirigente palestinese,  già in corso prima della presa del potere da parte di Mahmoud Abbas (Presidente dell’OLP, dell’Autorità Nazionale Palestinese e dello Stato di Palestina) è diventata drammatica.

L’utilizzo del potere a vantaggio degli interessi personali del Presidente e dei suoi sodali  ed una gestione oscura della cosa pubblica hanno sfregiato la credibilità della leadership palestinese e  distrutto la fiducia del popolo palestinese. Colpa gravissima, questa, perché solo l’unità del popolo palestinese può evitare la deriva definitiva di ogni progetto nazionale.

I palestinesi che a settant’anni dalla nakba, una settimana dopo l’altra, sono scesi in piazza hanno affidando il loro diritto al ritorno alla comunità internazionale non riponendo più la loro fiducia nella classe politica palestinese.

A quella stessa comunità guardano, e ce ne sono, i cittadini israeliani che lottano contro l’occupazione e lavorano per la pace.

Probabilmente entrambi dovranno accorgersi che, ancora una volta, la loro fiducia è stata riposta nelle mani sbagliate.

di Enrico Ceci

Print Friendly, PDF & Email