I morti di una fossa comune in Iraq

L’orrore delle guerre si ripete con scenari che mutano solo per la scenografia naturale che, silenziosa, fa da contorno allo scempio e alla violenza dell’uomo contro l’uomo. Di recente in Iraq, in una fossa comune hanno ritrovato altri 400 corpi di gente uccisa dall’Isis a Hawija, una città strappata ai jihadisti nel mese di ottobre.
Notizie di questo genere sono diventate il nuovo bollettino della violenza. In tutti i paesi interessati dal conflitto con l’Isis, si trovano queste fosse comuni, che è stato calcolato, per l’anno 2016, essere nel numero di circa settantadue, nel solo Iraq, con un numero altissimo di persone lì sepolte, calcolato tra 5000 e 15000.
Un mattatoio di vite.
Questa è la guerra, questo è ciò di cui è capace l’uomo. E’ come se il bisogno di distruggere il proprio simile rispondesse ad una legge non scritta e abominevole. Abominevole anche perché all’atto dell’uccisione si accompagnano sempre atti di crudeltà, di tortura, stupri, violenze fisiche di ogni genere.
I risvolti di questo genere sono presenti in ogni realtà, occidentale, africana, asiatica, toccata dalla guerra. E’ un fiore all’occhiello della razza umana. L’uomo ha la capacità di fare del male ai propri simili inventandosi i modi più barbari e dolorosi e, se inventa un nuovo sistema, un nuovo meccanismo, è sempre probabile che lo trasformi in uno strumento di guerra o di dolore.
Fosse comuni, mura carcerarie che contengono le urla di dolore dei prigionieri, mani insanguinate di gente che non riconosce nell’altro se stesso.
In fondo ognuno di noi può essere facilmente trasformato in un corpo, senza identità, di una fossa comune. Basta semplicemente incontrare la violenza distruttiva del momento, di quel qualcuno che nei propri atti orribili, riconosce in modo deviato, atti di giustizia.
Un corpo, quattrocento corpi senza identità, che hanno sorriso, hanno abbracciato, hanno forse tentato di lottare per la sopravvivenza di un mondo migliore, terminando la loro essenza nella polvere di un luogo che mantiene l’eco dei loro pianti e la loro sofferenza.
E il grande miracolo del mondo restano gli uomini di pace, se ancora ce ne sono.

di Patrizia Vindigni

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