Gli aguzzini di internet. Nessuna pietà sul web

Chi offende fino a provocare depressione e addirittura morte. Chi ha problemi suoi che lenisce con aggressività verbale e non. Vengono puniti? Me lo chiedo da anni. Perché? Perché?

Anna una ragazza che si può ritenere fortunata. Da adolescente è stata vittima di bullismo. Senza foto, senza Facebook, solo con le parole. La pubertà ha deformato il suo corpo, in attesa di sviluppare pienamente, l’acne martoriava il suo viso. Era brutta e un po’ l’handicap fisico e un po’ l’isolamento l’hanno fatta rinchiudere in se stessa e nello studio, che è stato il suo unico salvagente. La scuola le piaceva ma l’intervallo o i minuti prima dell’ingresso erano un dramma. L’educazione fisica un dramma. Doveva stare in disparte, doveva stare da un lato e cercare di non sentire i cori di ragazzetti che le dicevano “mostro”. Anche le gite scolastiche una pena, nessuno voleva sedersi accanto a lei in pullman o condividere la camera. “A te non ti vogliamo!”

La vittima che può apparire una persona forte e sicura è intimamente fragile, vulnerabile e si sente  in uno stato di inferiorità rispetto ai coetanei. La vita scolastica, familiare e non solo, per molti adolescenti, particolarmente fragili, senza un aiuto, anche di un’amicizia vera e costante, senza un forte supporto di chi sta loro accanto nella quotidianità, l’esistenza può diventare ansietà. Mi chiedo allora come potesse essere per un’adolescente colpita da una violenza psicologica dai suoi coetanei con i quali avrebbe dovuto condividere solo la gioia di vivere. Purtroppo non è la prima e non sarà neanche l’ultima.

Il gruppo in cui l’adolescente può confrontare la propria immagine con quella degli altri, che di solito è una risorsa, può diventare un pericolo quando le dinamiche aggressive prevalgono su quelle aggreganti. Non esistono quindi solo botte e atti di vandalismo che lasciano segni ben visibili, ma anche insinuazioni, calunnie ed esclusioni. Questo colpisce la psiche, incrina l’autostima, mina la fiducia in se stesse e negli altri. Parlarne sembra una sciocchezza, ma viverlo è un dramma.

Un giorno Erica si gettò dalla finestra della scuola che frequentava. Una dolce ragazzina che soffriva, che chiedeva aiuto. Lei con grossi problemi si sentiva minacciata, presa di mira, minacciata più volte di morte e invitata a suicidarsi, cosa che lei fece. Ecco il suo gesto. Per lei l’attesa non è stata la speranza, ma l’angoscia della violenza subita e della solitudine in essa. Chi l’ha presa in giro, chi ha compiuto questo scempio nei suoi confronti, nessuno li ha fermati. Si devono arrendere questi adolescenti al bullismo, all’annientamento  ed essere vittime o spettatori solo di violenza e, talvolta, drammaticamente di una morte prematura? Purtroppo non è la prima e non sarà neanche l’ultima. Chissà quante altre Erica ci sono state di cui non si è saputo nulla.

In ogni caso la fascia più esposta è proprio l’adolescenza, quando il corpo assume le fattezze dell’identità sessuale e si allenta il controllo dei genitori e degli insegnanti. L’enorme fragilità dell’adolescenza e la fatica di crescere che talvolta appare insopportabile ai ragazzi. Giovani che hanno vissuto avversità familiari o traumi: violenza fisica, sessuale o emotiva, maltrattamenti, hanno un rischio molto più elevato di suicidio rispetto ad altri. Un altro fattore di rischio è collegato alle discriminazioni razziali e sessuali. Ragazzi che subiscono atti di bullismo, cyberbullismo o gesti di discriminazione collegati alla loro razza o all’orientamento sessuale sono esposti a continue esperienze stressanti che possono portare personalità più fragili a perdere fiducia e speranza e a gesti suicidari. Ragazze adolescenti e giovani omosessuali i più colpiti.

Tanti adolescenti negli ultimi anni si sono tolti la vita spinti da una persecuzione via internet. Storie così simili tra loro che vengono i brividi a leggerle. Soprattutto se pensiamo che dietro a esse ci sono giovani non ancora maggiorenni. E sorprende la raccapricciante cattiveria degli adolescenti ai danni dei loro coetanei.

John stesso tragico finale. Rivela ad un amico di essere omosessuale, ma questi lo racconta agli amici e ai compagni di classe che immediatamente creano una pagina Facebook per deriderlo e minacciarlo. Lui non trova la forza di reagire, incassa colpo su colpo, si sente odiato e finisce per togliersi la vita. Troppi giovani, troppi ragazzi spaventati sono vittime del bullismo e decidono di togliersi la vita.

Il cyberbullismo può includere “messaggi di testo, e-mail e gossip diffusi via posta elettronica o postati sui social network, ma  anche la pubblicazione di video e foto imbarazzanti, la creazione di profili e siti web falsi”. In Rete i giovani sono alla mercé di chiunque: bulli, malintenzionati, troll, pedofili. Cosa ne risulta? Minacce, ricatti, foto rubate e pubblicate su siti pubblici, insulti, messaggi anonimi, trolling e molestie, vere e proprie persecuzioni psico-digitali. E se qualcosa (una notizia imbarazzante, una foto personale) viene diffuso in rete, si è soliti pensare che la notizia arriverà a tutti, quindi la vergogna e l’imbarazzo possono raggiungere livelli molto alti e si sono registrati persino casi di suicidi. Vittime del cyberbullismo: ovvero quando la potenzialità di internet insieme alla tecnologia può diventare strumento di tortura.

Come la storia di Betta. I genitori avevano provato a toglierle il cellulare, le avevano anche fatto chiudere il profilo Facebook. Ma non pensavano che la loro figlia, una ragazzina di undici anni, ricevesse tutti i giorni sul suo smartphone messaggi di istigazione al suicidio. Le scrivevano: “Fai schifo, devi morire”. Così Betta ha deciso di lanciarsi dal tetto di casa sua e i suoi genitori non hanno potuto fermarla.

Come il caso di Cathy che attraverso Ask riceveva ogni giorno messaggi in cui veniva invitata a suicidarsi. Cathy si è impiccata. Il suo unico errore? Si era iscritta ad Ask perché voleva essere popolare, ma i provocatori delle rete si sono scatenati: “Tutti ti odiano, il mondo sarebbe migliore senza di te”. È un colpo durissimo per la fragile tredicenne che si impicca nella sua stanza.

Le foto della vergogna. Ada, una giovane di sedici anni, era stata convinta da un corteggiatore conosciuto su internet a inviargli alcune foto osé. Scopre in seguito che i suoi compagni di classe hanno visto le foto e iniziano a beffeggiarla e insultarla, pubblicando le foto sui social network. Lei è sempre più isolata. Si sente in trappola. L’umiliazione per Ada è troppo forte. Cade in una forte depressione, finché non tenta il suicidio con un farmaco. Aumenta le dosi, e poco dopo i suoi persecutori ottengono l’effetto voluto: Ada pubblica un video di addio e si uccide.

A volte nemmeno la tragedia scoraggia i persecutori. Nessuna pietà sul web, nessuna. Sharon è tormentata da tempo da alcuni bulli a scuola, derisa per il taglio di capelli e il modo di vestirsi. Non ce la fa più e si getta sotto un treno. La sua morte viene derisa con ingiurie e commenti offensivi sulla pagina Facebook creata dai suoi genitori per ricordarla.

Arianna, fotografata mentre fa sesso con un ragazzo. Dopo pochi giorni la sua pagina Facebook è sommersa da messaggi di offesa da parte di sconosciuti che chiedono di fare sesso con lei. Si uccide gettandosi da un ponte.

I bulli nei social networks creano uno spazio dove razzolano insieme ad altri ed attaccano tutti quelli che suonano fuori dal coro. Le vittime sono più sensibili, qualche volta più intelligenti o attraenti, educate, non sono omologate o omologabili, con uno stile tutto loro, che non si perde nella massa. Credo che questa violenza dilagante sia il frutto di un’educazione troppo lassista. Tale comportamento trae la sua origine spesso in una mancanza di educazione e di principi sul vivere in comune e rispetto per gli altri.

I genitori devono controllare ciò che i ragazzi fanno in Rete anche se non è facile, ma prestando più attenzione forse si potranno evitare nuove terribili vicende. I genitori devono stare attenti, insegnare l’autostima ai propri figli e spiegare loro che non è un “like” o un post su Facebook  a determinare quello che siamo nella società. Accertarsi di quando e come i figli utilizzano il pc o lo smartphone, verificare le identità delle loro interazioni. Ma soprattutto, insegnare che insultare qualcuno nascosti dietro un profilo anonimo è un comportamento da vigliacchi.

Cercate di proteggerli finché siete in tempo!

Gli adolescenti hanno bisogno di sentimenti più nobili.

di Maria De Laurentiis