Dalla luna rossa allo scandalo al sole dell’Overshoot Day

To overshoot, ossia oltrepassare, andare oltre, superare, sforare, sfondare, splafonare. E noi li abbiamo consumati massicciamente tutti questi verbi. Il 27 luglio scorso abbiamo visto dalla Terra quella lunga eclissi che ha colorato la luna di un bel mattone rosso scuro. Il nostro satellite stava invece già vedendo la mattonata in faccia di una scialba eppure violenta umanità contro la crosta terrestre. Da lassù, il cono d’ombra sulla sua superficie le permetteva di vedere meglio l’accecante scandalo al sole del primo agosto 2018. Con un giorno di anticipo rispetto allo scorso anno e addirittura una settimana riferendosi al 2016, il primo giorno d’agosto scocca l’Overshoot Day, il giorno in cui abbiamo già consumato tutte le risorse annuali disponibili sulla Terra. Le abbiamo consumate con quattro mesi di anticipo sulla fine dell’anno. Oggi ci servirebbe non più una sola ma 1,7 Terre per continuare con lo stesso stile di vita e ritmo di consumo, e nei prossimi anni ce ne serviranno due e più. La Terra, però, rimane sempre una, una soltanto.

L’Earth Overshoot Day, ovvero la giornata in cui l’utilizzo di risorse da parte della popolazione mondiale supera quanto gli ecosistemi terrestri possono rinnovare in un anno, èstimato dal Global Footprint Network, organizzazione internazionale di ricerca. È dedotto da un sistema di calcolo dell’impronta ecologica, la quale considera tutta la domanda della popolazione compresi cibo, legname e fibre (cotone), l’assorbimento delle emissioni da carburanti fossili, edifici, strade e altre infrastrutture. Dagli anni ’70, la data del 2018 rappresenta un record negativo: finora mai prima del primo agosto.

Così come l’intrappolamento nella mitologica caverna del sottosuolo, rappresentata lo scorso mese dalla grotta thailandese di Tham Luang, anche la proiezione verso i fenomeni astrali rappresenta lo sprofondamento in qualcosa di abissale della nostra appercezionetrascendentale. Se nella grotta è la sfida tra l’inumazione, la sepoltura, l’inevitabilità della morte e la possibilità di salvezza che avverte invece il sottosuolo buio della nostra coscienza, l’osservazione macroscopica dei fenomeni celesti disvela all’improvviso lo spazio infinito che non tanto abbraccia, quanto è, direttamente, la nostra mente. Infinito, senza fine, senza tempo, senza morte. Il tema delle stelle è lo stesso della caverna.

Ecco allora delineata la condizione tragica, terrea, violenta dell’umano. Avverte queste baluginanti proiezioni dell’eterno negli abissi e nei vertici interiori della propria sensibilità percettiva. Gli spettacoli sotterranei e celesti che gli appaiono – potenziati dal sistema dei web-media – non sono altro che una proiezione ottica, fenomenica di tale inconscio sentire. Ma la cultura, la civiltà, lo condizionano, lo piegano alla resa ad un’altra disperante interpretazione. Pur riuscendo a scampare dalla sepoltura della caverna, pur sfiorando la luna eclissata con il fiore della pelle, la sottomissione violenta della natura – e con essa dell’uomo in quanto natura – ci appare ancora come l’unica, tragica, obbligata via di provvisoria sopravvivenza.

E che quest’ultima non sia una pulsione umana originaria, ma attuale, ossia posta in atto da una determinata visione culturale storica – quella della civiltà dominante – lo dimostra che nonostante l’aggravamento annuale dei dati sia noto e che esista oggi una tecno-scienza in grado di contrastarlo e farlo regredire, tali tecnologie sono invece usate per scassare, smantellare la crosta terrestre con ancora più brutale violenza ed efficienza.

Afferma Mathis Wackernagel di Global Footprint Network: “Oggi potrebbe non sembrare diverso da ieri, dal momento che c’è ancora lo stesso cibo nel frigorifero. Ma gli incendi imperversano negli Stati Uniti occidentali. Dall’altra parte del mondo, i residenti di Città del Capo hanno dovuto dimezzare il consumo di acqua dal 2015. Queste sono le conseguenze del saccheggio del ‘capitale’ ecologico del nostro solo ed unico Pianeta. Le nostre economie stanno attuando uno schema Ponzi con il nostro Pianeta. Stiamo utilizzando le risorse future della Terra per operare nel presente e scavare più a fondo nel nostro debito ecologico”. Deforestazione, collasso della pesca, scarsità di acqua dolce, consumo ed erosione del suolo, perdita di biodiversità, accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera: questi i capitoli cruciali. A loro volta essi determinano mutamenti del clima, siccità, incendi boschivi, uragani più intensi e frequenti, migrazioni epocali.

L’Italia si distingue quale uno dei picchi della crisi planetaria. Con i nostri consumi siamo ormai arrivati alla necessità di 4,6 paesi come l’Italia e a 2,6 pianeti Terra, avendo anticipato il nostro Earth Overshoot Day al 24 maggio, più di due mesi prima di quello mondiale. La nostraimpronta ecologica, misurata in ettari globali, o gha, è di 4,3 pro capite, contro una media dell’area del Mediterraneo, pari a 3,2. Irrazionali, sproporzionati consumi di cibo e devastante impatto della rete dei trasporti sull’ambiente sono i due nostri punti più critici. Due punti su cui sarebbe possibile prendere provvedimenti con efficacia pressoché immediata. Ma risulta sia nel programma di qualche partito, nel contratto di qualche governo, nei propositi di qualche famiglia, nella dieta alimentare e nella prassi di spostamento della maggioranza dei singoli? Global Footprint Network, ai fini di una maggiore consapevolezza anche individuale, mette a disposizione sul web un Footprint Calculator, riferito sia all’Italia sia al nostro stile di vita familiare e personale.  

Siamo al capolinea, ma non vogliamo renderci conto che saremmo costretti a scendere. Nonostante i summit mondiali sui mutamenti climatici (vedi Cop 21, Parigi 2015) tutto continua come o peggio di prima. Vertici di stato e stato delle basi congiuntamente incoscienti, irresponsabili, indifferenti, paralizzati. In attesa anche loro del tramonto.

Sarà allora il capolinea a scendere per noi, lasciandoci soli davanti a una palina di orari ormai vani. La luna rossa osserverà da lassù lo scandalo al sole della nostra eclissi biologica, geologica, logica e mitologica definitiva. Nel muto cielo siderale ci chiameremo, ma l’eco della nostra voce si perderà tra gas stellari, detriti meteoritici, carcasse di vecchi satelliti arrugginiti e navicelle spaziali ebbre.

di Riccardo Tavani