Ennesimo episodio di bullismo in una scuola di Milano, i professori: il bullismo non esiste.
Un fenomeno relativamente nuovo, se si pensa che gli psicologi hanno iniziato ad occuparsene solo a partire dagli anni ’70 (il primo ricercatore ad indagare sul bullismo fu il norvegese Then Olwens, nel 1973, definendolo come “mobbing”), ma in continua crescita. In Italia, secondo i dati Istat, il bullismo si sta diffondendo in modo preoccupante, arrivando a colpire un ragazzino su due nella fascia di età compresa tra gli undici e i diciassette anni (anche se il periodo più critico è quello delle scuole medie, quindi fra gli undici e i tredici anni). Se il bullismo non è altro che un comportamento “violento e intenzionale, oppressivo e vessatorio perpetrato ai danni di bersagli ritenuti facili e incapaci di difendersi”, i modi per attuarlo sono molteplici. Dalle aggressioni di tipo verbale a quelle fisiche, passando per il cosiddetto “bullismo sociale” (diffusione di voci e pettegolezzi) fino ad arrivare ad una piaga tipica della nostra epoca, il “cyberbullismo”, le conseguenze di tali comportamenti possono assumere risvolti drammatici. Lo scorso febbraio Michele, un ragazzo torinese di appena 17 anni, si è tolto la vita lanciandosi da un ponte perché incapace di sopportare ancora le continue vessazioni da parte dei compagni che lo avevano preso di mira poiché aveva alcuni problemi motori a braccia e gambe; nella lettera di addio indirizzata alla mamma traspaiono il profondo dolore e tutta la disperazione di un ragazzo che aveva solo bisogno di essere accettato da chi lo ha deriso persino al suo funerale, arrivando a commentare senza un briciolo di compassione che “da vivo era più brutto che da morto”.
Nel 2017 354 adolescenti si sono tolti la vita perché bullizzati, quasi uno al giorno, un numero inaccettabile. Si è tornato ancora una volta a parlare del fenomeno nei giorni scorsi, quando un quattordicenne milanese è stato arrestato e condotto ai domiciliari in quanto a capo di una banda che avrebbe seminato il terrore in una scuola alla periferia sud di Milano. Vittima un tredicenne, che da circa tre anni era diventato il bersaglio preferito dei ragazzi, al punto che aveva cominciato a soffrire di attacchi di panico e si rifiutava di andare a scuola; costretto a rubare oro e contanti in casa da consegnare poi alla banda, ha per fortuna trovato il coraggio di parlare con il padre, che ha immediatamente denunciato l’accaduto ai carabinieri, le cui indagini hanno condotto all’arresto del compagno. Ennesima storia che ci dimostra come la situazione sia sempre più allarmante e fuori controllo; gli stessi insegnanti, a cui il padre aveva più volte segnalato episodi di questo genere, hanno sempre liquidato la faccenda negando l’esistenza del fenomeno all’interno della scuola. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una vera e propria emergenza non solo di tipo educativo; se, da una parte, è necessario educare i ragazzi al rispetto e alla fratellanza, dall’altro occorre dotare le famiglie gli insegnanti (spesso anch’essi vittime di bullismo) di adeguati strumenti di valutazione e intervento, e istituire sportelli di ascolto per i ragazzi in difficoltà, affinché non ci siano mai più Michele incapaci di trovare altra via di uscita se non quella di togliersi la vita.
di Leandra Gallinella