Brexit: la scienza conta

Dopo due anni di negoziati sono emersi i primi veri segni di ciò che potrebbe comportare la Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Ormai già da qualche mese, il Consiglio dei ministri, l’organo decisionale superiore del governo britannico, sta portando avanti una serie di accordi per la scissione del paese dall’Unione. La discussione tra le due parti avviene su diversi ambiti, tra cui quello scientifico. L’idea, ancora da confermare, è quella di consentire viaggi da e per i paesi dell’UE senza bisogno del visto. Sembrano quindi esserci buone notizie per i ricercatori che sono abituati a viaggiare per collaborazioni e conferenze su scala globale. Ma le informazioni chiave sul futuro del sistema di immigrazione della Gran Bretagna più in generale e la partecipazione ai programmi di finanziamento della ricerca dell’Unione europea di grande entità – un importante fonte di finanziamento per gli scienziati britannici – devono ancora essere chiarite. La Gran Bretagna dovrà lasciare l’Unione europea il 29 marzo 2019 e entrerà in un periodo cosiddetto di transizione, il quale terminerà il 31 dicembre 2020.

La Brexit porterà degli enormi cambiamenti alla Gran Bretagna, ma anche agli altri 27 paesi dell’Unione. Saranno inevitabili le ripercussioni che gli scienziati di entrambe le sponde della Manica subiranno rispetto al lavoro quotidiano e non. Ci saranno, per esempio, maggiori restrizioni e vincoli per i ricercatori se mai volessero lavorare in una delle grandi e prestigiose università inglesi, come Oxford e Cambridge. Il Regno Unito potrebbe perdere l’accesso al maggiore flusso di finanziamento europeo della ricerca, Horizon 2020. Probabilmente si verificheranno problemi e rallentamenti nell’importazione e nell’esportazione di beni essenziali per fare ricerca, quali macchinari, attrezzature scientifiche e medicinali. Inoltre, il Regno Unito lascerebbe la Comunità europea dell’energia atomica, Euratom, un organismo di regolazione nucleare.

Gli scienziati hanno fin da subito proclamato che un mancato accordo sarebbe un disastro per la ricerca. La vasta incertezza sulla futura relazione della nazione con il blocco europeo sembra aver già influenzato la comunità di ricerca; già adesso i ricercatori europei ci pensano due volte prima di chiedere ad un ricercatore britannico di partecipare ad un programma di ricerca.

La scienza e l’innovazione sono una parte troppo importante nell’attuale società, per questo si devono il più possibile agevolare le negoziazioni. Affinché la scienza del Regno Unito e dell’Unione Europea continui a crescere, le parti che guidano le contrattazioni devono essere molto più accoglienti, devono garantire la flessibilità tra gli uomini di scienza. Le barriere politiche in campo scientifico non portano che svantaggi alla scienza e quindi all’economia di una società.

 

di Antonio Zinilli

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