Viaggio nel micromondo

“Se sognate di diventare fotografi, iniziate dal giardino di casa”, consiglia l’esperto fotografo iraniano Manoocher Deghati. È quello che non feci quando inziai a fotografare. E sbagliai.
Un giorno comprai un obiettivo macro con un rapporto di riproduzione 1:1 e iniziai davvero a fotografare nel giardino di casa. La prima volta che misi l’occhio nel mirino con quell’obiettivo montato sulla mia macchina fotografica rimasi così affascinato che nemmeno scattai. Mi limitai ad osservare un nuovo mondo, sconosciuto. Un mondo che i miei occhi non erano riusciti a captare e che mai avrebbero potuto farlo. Ebbi la sensazione di essere diventato minuscolo e cominciai a interagire con qualcosa di molto diverso da quello che pensavo di aver già visto e conosciuto. Avrei potuto passare intere giornate sul quel piccolo pezzo di giardino. Il micromondo pullulava di vita e accadeva sempre qualcosa di interessante. Mi chiesi che cosa sarebbe accaduto se fossi uscito da quel giardino e avessi affrontato i prati del mio quartiere. Non passò molto tempo prima che la domanda ottenne una risposta concreta.


Nell’ambiente naturale del micromondo ho compreso quanto sia difficile rimanere in vita, costantemente. Osservare un ragno che mangia una mosca finita nella sua tela è qualcosa che può passare inosservato, al limite incuriosire. Osservarlo a grandezza naturale è qualcosa di sconvolgente. L’assalto delle formiche ad un insetto, letteralmente divorato vivo, è terrificante. So che può farvi sorridere ma ogni tanto mi sentivo in pericolo anche io e dovevo togliere l’occhio dal mirino per tornare a percepirmi al sicuro. Nel micromondo la lotta per la sopravvivenza è durissima. È una continua storia di predati e predatori, ma anche di predatori che diventano facilmente prede. Qui la vita è colma di insidie e noi, credetemi, se venissimo rimpiccioliti e catapultati nel micromondo, non avremmo scampo (basti pensare alle insidie che potrebbe nascondere una foresta di giganteschi fili d’erba invece che di un prato). Insomma, non potremmo proprio sopravvivere in quel mondo per ciò che siamo.
L’infinita scalata di una formica su di un albero, la riproduzione di due api all’interno di un fiore colmo di polline, l’atterraggio di una coccinella, un insetto che avanza a testa in giù su di un filo d’erba. In questo particolare mondo il concetto di sopra-sotto che conosciamo va a farsi fottere. Nel micromondo ci sono esseri complessi che sfidano e vincono le leggi della fisica più di chiunque altro. Qui una sola goccia di pioggia caduta dal cielo può uccidere, ma allo stesso tempo può donare la vita a più esemplari. È la vera essenza dell’incertezza. È la natura che si mostra in tutta la sua imprevedibilità.
Più di una volta qualche passante mi diede del pazzo. Posso comprenderlo. Non vedevano quel che vedevo io. Compresi che cosa significa vedere l’invisibile. Vennero a crearsi le basi per le grandi avventure. Un giorno tornerò nel micromondo.

di Fabio Conti