Volevamo solo scalare il cielo

“In quel vuoto immenso, impietriti tra le stelle, stavamo sopra il mondo intero”.

Erano giorni che ne parlavamo, dovevamo affrontarla, con umiltà e coraggio, la via Brancadoro, che dalla canala di Campo Imperatore sale fino al Prena. Appuntamento alle 6.00 del mattino poi via a Fonte Vetica per lasciare la Volvo di Omero e spingerci fino alla vecchia miniera di lignite, con la Toyota rav 4 di Claudio. Alle 7.00 siamo operativi. Un goccio di caffè che Omero ha preparato nel suo termos e si parte. Subito dopo la canala, saliamo sulla sella delle Veticole per giungere all’attacco della Brancadoro. Il tempo di un selfie e subito via. C’è nebbia. Tanta nebbia, umida, bagnata, toglie il fiato e la visibilità. Ma siamo felici, stiamo salendo verso il cielo. Un cielo coperto da una coltre spessa di nebbia. Ma sappiamo che oltre la coltre c’è. Il cielo dei nostri sogni. Il cielo del Prena. Tra quelle aspre rocche, il cielo ci aspetta. Sappiamo che non ci abbandona. Procediamo tirandoci su con le braccia. Alcuni passaggi sono stretti. Altri complicati. Altri ancora difficili da affrontare. “ Omero è molto bravo. Senza di lui non avrei rischiato di salire sul cielo del Prena. Mi fido. Mi infonde coraggio e fiducia. Mi aiuta e mi insegna a superare le mie paure. Io mi arrampico e penso alle cupole, da oltrepassare in corrispondenza delle creste. A volte stento. Omero mi è vicino. Mi suggerisce le prese, a contrasto, per spingere poi con i piedi. Mi indica le maniglie. Mi sorride. Si, Omero sorride delle mie paure, ma anche della mia forza a superare con un balzo in avanti, una cresta abbastanza esposta e senza troppi appigli. Soffro. La nebbia incalza. L’umidità ci entra nelle ossa…” ma ci diciamo che camminare, anzi, arrampicare verso il cielo è come amare. Si, arrampicare, così come amare, è la medicina naturale di cui tutti abbiamo bisogno. Un bisogno dolcemente romantico, da assumere a dosi giornaliere, piccole e grandi, un giorno si è l’altro pure. Arrampicare, così come amare, è la super medicina che fa bene al corpo e maggiormente allo spirito e all’anima. Ci fa stare bene con noi stessi e con gli altri, perché doniamo amore alla montagna che ci ridona amore, in tutte le forme possibili. L’energia che si sprigiona nell’ arrampicare, così come nell’amare, ci rende più felici, ci fa sorridere. Ci rende sani, nel corpo e nella mente, ci fa riconoscere la bellezza, dei nostri figli, simili a vette, così come la bellezza delle donne che amiamo e che condividono con noi, la loro bellezza e la bellezza dei figli. Vette e cime infinite slanciate verso il cielo da conquistare ogni giorno. Ci guardiamo, la nebbia non si dilegua. C’è un altro ostacolo da superare. La Brancadoro è come l’oro, bello e prezioso, ma difficile da trovare o superare. “Puoi farcela. Non hai bisogno dell’ imbracatura e della corda”. Omero mi incita, senza lasciarmi di un metro. Sa che con lui vicino farò il tentativo di arrampicare in libera. Ci riesco. La nebbia spinge e bagna. Siamo felici. Un altro passaggio, verso il cielo del Prena, è stato superato.

Arrampicare, così come amare, ci fa apprezzare ciò che di più bello è dentro di noi. Ci aiuta ad essere umani, con noi stessi e soprattutto con gli altri, più accoglienti con i nostri “fratelli” che fuggono dalla fame e dalle guerre. Mentre saliamo verso il cielo del Prena,  tra la nebbia che non ci avvolge, dopo aver fatto una risata (yoga della risata), ci viene di pensare che: arrampicare, così come amare, ci fa scoprire ogni giorno, che l’amore è dentro di noi. Allora, mentre la Brancadoro ci spinge verso il cielo del Prena, ci piace pensare che l’amore è su queste creste, così come è a casa, nella quotidianità dei gesti, dalla colazione agli sguardi davanti al fuoco. E così, passo dopo passo, attraversando canali stretti, con il rischio di scivolare, superando pareti senza corde attrezzate, ci avviciniamo al cielo, ancora coperto di nebbia umida e bagnata. Ma la spinta verso l’alto che sentiamo dentro di noi, nel battito accelerato del cuore, ci sospinge, delicatamente verso l’alto. Si intravedono le stelle alpine. Tante. Bellissime. Un segno per vivere ogni cosa. Vivere le domande, viverle ora che non abbiamo risposte. Forse ci sarà dato, senza che ce ne accorgiamo, di vivere fino al lontano giorno in cui avremo le risposte. Intanto la bellezza è dentro di noi, tra la nebbia e le stelle alpine. Superiamo, con enorme difficoltà da parte mia (Claudio) l’ultimo tratto difficile della Brancadoro. Una corda fissa, un po’ consumata, ci aiuta ad oltrepassare questa parete di roccia. Un blocco oltre il quale, Omero si è assicurato, mi tende la mano, mi prende il braccio, mi offre la presa. Spingi con il piede sinistro. Incastra il destro in quella fessura. Fai contrasto con la mano sinistra. Le grida di “fratellanza “ di Omero mi scuotono, mi danno forza, ma è la sua forza che mi tira su quasi di peso. Mi metto in sicurezza a cavalcioni sullo spigolo, riprendo fiato, Omero mi scatta una foto. Ci abbracciamo. Anche la Brancadoro è superata. Il cielo del Prena ancora non si vede. Lo immaginiamo. Saliamo fino alla croce. Un selfie con risata yoga si espande fino alle pendici. Si apre uno scorcio tra la nebbia. I raggi trafiggono il sudore e la fatica. Il sole, timido, si riprende il bello, lo illumina. Il cielo ora ci accoglie in tutta la sua immensità. Volevamo solo scalare il cielo. Dalla Brancadoro fino al Prena. Ci siamo riusciti. Arrampicare, così come amare…

di Claudio Caldarelli e Omero Di Marco

Print Friendly, PDF & Email