25 aprile 1945-2020. Voglia di Liberazione e di libertà

Voglia di liberazione. Il 25 aprile di 75 anni fa ha espresso la fine delle atrocità della guerra. Ma anche l’inizio della ricostruzione, le cui aspettative di eguaglianza e giustizia sono state in gran parte disattese.

Nella situazione emergenziale che stiamo vivendo tre pilastri della Costituzione sembrano riemergere nella coscienza collettiva. Salute, lavoro e istruzione. Fondamenti di cui il 25 aprile è simbolo.

Va ricordato che nel 1948, un decreto del governo De Gasperi vietò l’uso in pubblico di uniformi e fazzoletti partigiani per proibire celebrazioni all’aperto della Liberazione. La ricorrenza della Liberazione poteva essere ricordata in locali chiusi a porte chiuse come si ordinava per gli spettacoli immorali. Erano gli anni duri della Guerra Fredda, la Resistenza in Italia era «ospite scomodo» della divisione bipolare e la stessa Costituzione fu definita nel 1950 «una trappola per la libertà del popolo italiano» dal ministro dell’Interno Mario Scelba.

Ebbene nel 2020 l’anniversario della Liberazione non potrà essere celebrato nelle piazze ma per ben altri motivi e in altro contesto. Il divieto di assembramenti dovuto alla crisi sanitaria impedirà le manifestazioni in tutte le città del Paese, saranno possibili solo mobilitazioni nelle case con canti partigiani, sui balconi e in rete con interventi e conferenze sulla Resistenza.

Al di là delle forme, il rapporto tra la crisi che attraversa la nostra società ed il 75° anniversario della Liberazione evidenzia alcuni nodi centrali che connettono passato e presente in modo stringente.

Lo stato d’eccezione in cui viviamo richiama in modo esplicito i fattori fondanti che dalla Resistenza hanno preso corso nella nostra storia.

L’attuazione della Costituzione, che dalla lotta di Liberazione trae radice e legittimità storica, ha immesso nella società del dopoguerra elementi di progresso e giustizia sociale il cui valore, oggi, cogliamo nella sua portata generale di fronte ad una crisi nuova e priva di contorni definiti.

«La libertà è come l’aria – insegna Piero Calamandrei – ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare».

Così, quasi d’improvviso, tre pilastri del lascito costituente riemergono nella coscienza collettiva in questo nostro nuovo stato di necessità. La salute, che l’articolo 32 indica come diritto fondamentale dell’individuo; il lavoro, la cui centralità garantisce l’intero sistema dei servizi essenziali e che rappresenta il carattere fondante della Repubblica; l’istruzione che, aperta a tutti, obbligatoria e gratuita, oggi è stravolta nella sua sostanza dalla disuguaglianza di accesso ai mezzi digitali e dalla frammentazione sociale che la mancata frequentazione delle aule determina per studenti e famiglie.

Eppure nel biennio 1968-1969 l’istruzione pubblica, l’istituzione della scuola materna e l’accesso libero all’università avviarono il lento processo di applicazione del dettato costituzionale, mentre nel 1970 con lo Statuto dei Lavoratori (seguito al più grande ciclo di lotte operaie della storia repubblicana), la Costituzione entrò in fabbrica. Fu nel 1978 che grazie alla partigiana Tina Anselmi venne promosso, quale ministra del governo di “solidarietà democratica”, il Servizio Sanitario Nazionale come attuazione della nostra Carta Costituzionale.

Tutte cose che noi oggi diamo per scontate ma per ottenere le quali, uomini e donne hanno combattuto con orgoglio e fierezza, mettendo a repentaglio la loro vita, seguendo sogni ed ideali in cui credevano fortemente.

Sono queste le eredità da cui sarà necessario ripartire.

Spesso viene evocato il parallelo tra la crisi del Covid-19 e la guerra. Nulla c’entra l’una con l’altra ma si può trarre spunto da tale sproposito per segnalare un elemento fondamentale.

La ricostruzione del dopoguerra ebbe costi sociali durissimi per le classi popolari e lavoratrici. L’esito di questa crisi rischia di ripetere quello schema e solo con più Costituzione si potrà uscirne in modo differente. Per questo è importante chiarire che tutto andrà bene solo se andrà bene per tutti.

È questo il messaggio che arriva dal 25 aprile 1945.

 di Stefania Lastoria

 

Print Friendly, PDF & Email