Bob Kennedy: “ il pil misura tutto ma non ciò che rende degna la vita di essere vissuta”

Il 6 giugno del 1968 muore assassinato Robert Kennedy, senatore democratico degli Stati Uniti d’America. Un uomo i cui discorsi, pensieri, parlano ancora oggi a distanza di ben cinquant’anni a chi ha cuore e mente disponibili all’ascolto. Nelle sue parole, riascoltabili ancora oggi in vecchi filmati in bianco e nero, il sogno di ciò che l’essere umano non avrebbe dovuto e non dovrebbe porre alla base dell’esistenza: l’accumulo di beni terreni.

I suoi interventi lasciavano impronte indelebili in chi, in quegli anni, aveva l’opportunità di poterlo ascoltare dal vivo. Era un uomo che non si poteva fare a meno di sentire vicino, presente nella vita. Non poneva alla base del suo sentire l’esaltazione dell’individuo ma valorizzava i sentimenti di aggregazione, di fratellanza, di unione tra le genti di diverso colore.

Celebre il suo discorso, a braccio, dopo l’uccisione, avvenuta a Memphis il 4 aprile 1968, di Martin Luther King. Robert Kennedy lo pronunciò trasmettendo, a chi lo ascoltava, tutto il suo dolore per la scomparsa del reverendo King, senza mai contrapporre il bianco al nero, mostrando il percorso dell’unione, della condivisione di intenti, come l’unica via percorribile nel presente, di allora, e nel futuro.  Fu l’unico politico ad essere applaudito indistintamente da tutti.

Nel suo discorso, in un momento di grande tensione, riprendendo una frase di Eschilo, dall’Inno a Zeus in Agamennone, invitava i presenti a riflettere, raccontando: “ perfino nel nostro sonno, il dolore che non possiamo dimenticare scende, goccia dopo goccia, nel nostro cuore e nella nostra stessa disperazione, contro la nostra volontà, e la saggezza raggiunge tutti per la terribile grazia concessa da Dio”. L’apprendere attraverso l’esperienza del dolore, per cui, anche chi non vuole, può essere raggiunto dalla saggezza concessa, nel caso di Eschilo, da Zeus.

Parole dell’antica Grecia che furono richiamate per arrivare agli uomini nella loro più intima essenza, con un risultato di profonda empatia,  che creò un legame, tra chi parlava e chi ascoltava, disegnando nuove tracce nei cuori.

Un altro celebre discorso tenuto da Robert Kennedy presso l’università del Kansas, nel 1968, fu quello sul pil (prodotto interno lordo di una nazione) in cui invitava la gente a dare rilievo ai valori fondanti della vita.

Bob Kennedy avrebbe voluto invitare la popolazione a non basare la considerazione del valore e della forza dell’economia di un paese solo sull’indice Dow Jones.

Nelle sue considerazioni egli, infatti, faceva notare come il pil della nazione in sé contenesse anche fattori come l’inquinamento, le ambulanze che raccolgono i morti frutto della carneficina del sabato sera, la pubblicità (allora possibile) delle sigarette, programmi televisivi e giochi violenti per i figli.

Nelle sue valutazioni faceva notare come Il pil non facesse mai riferimento a ciò che rende felici nel quotidiano, ai momenti di svago, come non comprendesse la bellezza della poesia e nemmeno l’intelligenza del dibattere. Il Pil, in breve, non misurava ciò che rendeva la vita degna di essere vissuta.

Il discorso pronunciato cinquant’anni fa resta di grande attualità ancora oggi anche perché la strada indicata, quel 18 marzo 1968, non è stata poi seguita.

Il senatore Kennedy fu ucciso il 6 giugno del 1968. Le sue parole, la sua vita, dovrebbero far parte di un bagaglio trasmesso, oggi a maggior ragione, alle generazioni future, con la consapevolezza, acquisita dall’esperienza di questi ultimi cinquant’anni, che quanto “lo Zeus di Eschilo” ci ha concesso, la grazia della conoscenza attraverso il vissuto, ha sicuramente dimostrato che l’accumulo di beni, la via dell’individualismo estremo, la mancanza di empatia tra gli uomini, non conduce alla felicità.

di Patrizia Vindigni