La ragazza del mondo che vogliamo

Ricordo con nostalgia il mio primo giorno di lavoro retribuito di insegnante di matematica a Roma in un istituto tecnico sperimentale post professionale. Entrai in classe e dissi per prima cosa che avrei usato con loro la stessa forma di linguaggio (il lei o il tu) come preferivano.

Tutte le classi scelsero il lei, forse perché faceva sembrare più adulti… ma dopo tre mesi ci davamo tutti del tu…

Forse perché insegnavo matematica, ma non solo. Dedicavamo parte del tempo ai diritti umani, garantiti dalla nostra Costituzione ma sovente disattesi (negli anni successivi mi portò a qualche problema con il Provveditorato).

Ed oggi ritrovo quelle spinte, con tanta simpatia, nel lavoro del Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina Diritti Umani … Mi fa pensare che qualcosa è rimasto di allora, che c’è ancora chi pensa che insegnare non è un mestiere, ma una missione.

Erano gli anni che precedevano il 68, anni di speranza di un mondo diverso, soprattutto per i giovani, che erano pronti a battersi per il loro futuro.

In qualche modo simili ad oggi, perché gli obbiettivi prospettati allora avevano molto in comune con quelli indicati oggi da Francesco nella “Fratres Omnes”.  

Ma anche molto diversi, Perché i giovani allora si misero in discussione e in lotta, mentre quelli di oggi, vittime di uno sfrenato consumismo indotto, si illudono di trovare risposte e soluzioni individuali.

Ma non tutti.  Ecco, ci sono giovani che fanno sperare in una scuola diversa.  Non so quanti siano, ma di uno di essi voglio parlare.

Voglio parlare di una ragazza, laurea in lettere (110 e lode alla triennale, 110 e lode alla magistrale) che attende che vengano finalmente decisi i concorsi della scuola, e che sperava in qualche supplenza.

La sua è stata un’attesa che dura da 2 anni,

Nel primo non è riuscita ad avere nessuna supplenza per le 2 o 3 mila domande inviate (anzi, solo una richiesta per 10 giorni in una scuola del nord Italia. È verosimile che ci siano state in molte scuole chiamate non regolamentari).

Nel secondo, solo grazie al caos generato dalla pandemia, è stata chiamata per una supplenza annuale, dal 6 novembre al 5 giugno, non un giorno di più, in una scuola di borgata nella periferia romana, una borgata in cui mancava tutto, mascherine, banchi; impossibile la didattica in presenza o a distanza; famiglie nello squallore della miseria; attitudine all’imparare zero; amore, affetti parole inutili; e il dialetto l’unica forma espressiva.

Ma la nostra giovane professoressa non si è data per vinta, ha vissuto ogni ora con l’amore di una sorella maggiore, con l’impegno di chi sa di dover sfruttare ogni momento per fare affiorare nei ragazzi la coscienza di sé, spesso con la disperazione di non riuscire a fare niente per i piccoli paria a lei affidati.

Ma essi avevano capito tramite lei che il mondo può essere diverso da quello miserabile in cui vivono, e a fine anno le hanno dato questa lettera:

Appare chiaro il rapporto che si è creato, è evidente che non si è parlato solo di grammatica. Ma è fondamentale l’amore che la nostra professoressa Martina ha messo e trasmesso con il suo lavoro.

Ecco, nel mondo che verrà, tra le cose che il governo eterogeneo di Draghi dovrà affrontare c’è la scuola. E mi chiedo se sarà possibile avere dai provvedimenti che verranno la presenza di insegnanti come la nostra ragazza. Ecco, fare emergere nei ragazzi la coscienza di sé, la forza di una solidarietà tra loro, la consapevolezza di avere dei diritti e dei doveri è il compito primario che dovranno svolgere gli insegnanti che verranno.

Ecco, per avere insegnanti validi, è necessario pensare a retribuzioni confrontabili con le altre sul mercato del lavoro e che si abbia il coraggio di dare una preferenza a chi sceglie di fare un lavoro che è dedicato ai cittadini del domani. Il che oggi non è così, visto che a livello europeo i nostri stipendi scolastici sono solo il 50% di quelli tedeschi, e il 75% di quelli spagnoli.

Ma qui siamo di fronte ancora una volta alle speranze e ai timori sul modello di sviluppo che sarà scelto per il nostro Paese dal governo Draghi.
E non sembra che la società più giusta indicata da Francesco sia gradita, se si considera che la proposta di un contributo “una tantum” del 20% su una successione superiore a 5 milioni di euro è stato rifiutato dal premier dicendo che è il momento di dare ai cittadini, e non di tassare.

E cioè non si può tassare il poveraccio che riceve una successione di soli 6 milioni di euro e che dovrebbe pagarne in una tassa di scopo per i giovani senza risorse familiari ben 200 mila (gli rimarrebbero solo 5,8 milioni di euro).

E questo mentre un ricco insegnante con 2 mila euro di stipendio paga ogni anno 7 mila euro di sola Irpef !!!

Sono questi i timori che l’operato del governo suscita in chi come me pensa che l’unica cosa che gli interventi in economia debbono per il futuro ottenere poveri un po’ meno poveri e ricchi un po’ meno ricchi e soprattutto diritti umani sostanzialmente applicati per tutti i cittadini.

Per questo mi auguro che ci siano tanti, tantissimi professori, sempre di più, come quelli del Coordinamento e come la nostra ragazza, che sappiano far nascere nelle scuole sempre di più ragazze e ragazzi che prendano coscienza di sé e dei propri diritti e che siano disposti a battersi per ottenerli e non siano più vittime indifese della società dei consumi.

di Carlo Faloci