Alleati sì, sudditi non più

Quale senso di un’alleanza, quando differiscano interessi e principi.
Se ogni aggressione ed ogni violazione dei trattati internazionali sono da condannare, per onestà intellettuale questo dev’essere fatto verso qualunque stato se ne renda colpevole, che sia la Russia o che siano gli Stati Uniti. Qualunque paese si macchi di certe colpe, prescindendo dal nostro rapporto con questo, non deve essere tollerabile. Così non dobbiamo fare differenza tra le aggressioni all’Ucraina, al Curdistan, ai territori Palestinesi, all’Iraq o all’Afganistan: sono deliberati atti di guerra da condannare.

L’uso di bombe al fosforo bianco è stato bandito dal terzo protocollo dalla Convenzione ONU sulle armi convenzionali del 1980, eppure a Falluja nel 2004 e in Libano nel 2006, gli Stati Uniti e Israele (che non a caso non lo hanno sottoscritto) li hanno usati: l’uso di queste armi devastanti dev’essere quanto più possibile sanzionato, senza guardare in faccia nessuno. Parimenti, l’uso di “bombe a grappolo”, messe a bando con la Dichiarazione di Wellington (1° giugno 2008), è da condannare sempre, senza fare distinguo tra alleati o nemici, prescindendo da chi l’abbia sottoscritta o meno. E’ emblematico il fatto che le superpotenze non-europee del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Cina, la Russia e gli Stati Uniti, nonché i paesi possessori di propri ordigni atomici (India, Israele, Pakistan), siano tra coloro che non vi abbiano aderito: la scelta di usare armi disumane e di distruzione di massa, mostra una profonda differenza di vedute e di principi, tra l’Europa ed il resto del mondo. E il pericolo derivante dalla detenzione di certe armi, non è solo legato alla forma di governo (democrazia o dittatura), quanto alla concentrazione del potere, che può portare un solo individuo a scegliere di usarle. Oggi in occidente si ostentano dubbi cui rischi dovuti alla sanità mentale di Putin, ma non dobbiamo dimenticare che l’uso di certe armi (o la loro ostentazione) l’abbiamo già visto ad opera di paesi che vengano visti come “democratici”.


Forse qualcuno lamenterà l’inopportunità di proporre proprio oggi lo scioglimento della NATO, ma proprio in questi giorni l’Alleanza Atlantica va mostrando, a parer mio, la sua inadeguatezza per la distanza dei principi basilari dell’Unione Europea, dal modo di agire e di operare del paese che ne è la guida, ovvero gli Stati Uniti. Dopo il secondo conflitto mondiale, il vecchio continente mostra di non voler più muovere guerra a nessuno, mentre l’America pretende di dettar legge al mondo, anche con l’uso delle armi (terrificante il concetto di “esportare la democrazia” con l’uso di bombe); ma proprio in virtù dell’adesione alla NATO, anche i paesi che ripudiano la guerra sono stati trascinati in conflitti ed invasioni, ben lontani dai loro interessi e dal senso iniziale dell’alleanza. Quindi, magari non prima di aver trovato una soluzione al conflitto ucraino, ma al più presto è il caso di rivedere i termini di adesione al Patto Atlantico, se non proprio di deciderne lo scioglimento in virtù della nascita di un comune Esercito Europeo, che sia fedele ai principi costitutivi dell’UE e magari anche alleato degli Stati Uniti, ma non più in posizione di sudditanza. Perché è assurdo che paesi che abbiano imparato a coesistere pacificamente dopo secoli di conflitti, siano legati ad altri che ancora usino le armi (anche proibite), per portare avanti la loro politica.


L’invasione dell’Ucraina è sicuramente opera della Russia, ma l’espansione ad est della NATO se non ne è la causa, ne è sicuramente un grosso alibi. La conseguenza, oltre alla distruzione di un paese e al rischio di un nuovo conflitto mondiale, sono un ulteriore impoverimento dell’Europa: ostaggio energetico della Russia, questa sarà quasi obbligata ad acquistare idrocarburi dagli Stati Uniti (e dai suoi alleati mediorientali), rimandando la sua transizione energetica; per aiutare l’Ucraina, l’UE è costretta a fornire armi al suo governo e a supportare i milioni di profughi che ne bussano alla porta; le sanzioni ai danni della Russia, arrecano enormi conseguenze anche alla propria economia. In sintesi, si potrebbe dire che l’espansionismo americano, oltre a decretare la distruzione di un paese che confidava in una sorta di protezione, alla fin fine colpirà l’economia del suo principale nemico e quella del suo principale alleato (nonché competitor), come mostra l’attuale deprezzamento dell’euro, nei confronti del dollaro. C’è da chiedersi bene a chi giovi quest’alleanza e se non sia il caso che l’Europa smetta di essere un insieme di nazioncine che cerchino ciascuna di portare avanti i propri interessi, per diventare finalmente un’unica grande nazione, alleata ma non succube, di chi mezzo secolo fa la salvò dall’oscurità nazifascista.


di Mario Guido Faloci

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