USA, sul diritto all’aborto cala la mannaia di sei giudici conservatori della Corte Suprema

Ebbene si. Un tuffo indietro di cinquant’anni, un ritorno al medioevo.

E così, la Corte Suprema ha revocato il diritto costituzionale all’aborto in vigore da mezzo secolo, ribaltando la storica sentenza del 1973, Roe vs Wade con un voto 5-4,  spianando la strada al divieto di aborto agli Stati gestiti dal Gop (il partito repubblicano popolarmente noto negli Stati Uniti come «Grand Old Party» e che nel contesto politico statunitense odierno è ormai considerato come il partito della destra conservatrice).

I giudici conservatori Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett si sono uniti all’interpretazione di Samuel Alito, che ha scritto l’opinione vincente, con il giudice capo John Roberts, il quale ha presentato un parere concordante nel giudizio per sostenere la delibera, ma in disaccordo con il ragionamento alla base della decisione della maggioranza. Sfumature, quelle di Roberts, che non hanno cambiato la traiettoria di una sentenza che getta il Paese in un territorio inesplorato a livello politico, legale, sociale e sanitario.

Tutto è stato un terremoto al rallentatore.

La sentenza della Corte Suprema riguarda la richiesta dello Stato del Mississippi di riconoscere la loro legge che vieta l’aborto dopo le 15 settimane.

La decisione della Corte Suprema di ieri è stata il frutto di una battaglia legale che il Mississippi, con i gruppi politici e religiosi che si oppongono al diritto all’aborto, hanno cominciato partendo dalla causa costituzionale intentata dalla Jackson Women’s Health Organization contro la legge delle 15 settimane varata nel 2018, con l’intento specifico di arrivare alla Corte Suprema.
Il principio era abbastanza semplice: con una Corte super conservatrice e praticamente nominata da Trump, cancellare Roe vs Wade sarebbe stata una passeggiata, ma per arrivare là era necessario superare una serie di passaggi intermedi rappresentati dai verdetti delle corti minori, molto più liberal.

L’esame della Corte era poi iniziato lo scorso autunno.

La decisione di ieri era stata anticipata a inizio maggio, quando il portale di notizie online Politico aveva fatto trapelare la bozza della decisione scritta da Alito. Il parere di Alito, poi condiviso dagli altri giudici, è stato diretto:

«La sentenza Roe vs Wade è nata sbagliata».

La Casa Bianca si stava preparando silenziosamente per questo momento da mesi, ma il Presidente ha affermato che nessuna azione esecutiva può colmare il vuoto sul diritto all’aborto lasciato dalla decisione della Corte.

«La Corte ha fatto ciò che non aveva mai fatto prima: togliere espressamente un diritto costituzionale fondamentale per tanti americani che era già stato riconosciuto», ha affermato Biden durante un discorso alla Nazione che è arrivato poche ore dopo la pubblicazione della sentenza. Il problema ora si allarga, e sono in pericolo anche i diritti all’accesso alla contraccezione: il Presidente ha affermato di aver parlato con il dipartimento della Salute e dei servizi umani per garantire che la contraccezione resti disponibile per tutti, anche se gli stati cercano di limitarla.

«La maggioranza conservatrice della Corte Suprema mostra quanto sia estremista – ha detto Biden – La mia amministrazione utilizzerà tutti i suoi poteri legali appropriati, ma il Congresso deve agire, e con il vostro voto anche voi potete agire». Questa decisione infatti è destinata a condizionare le elezioni, poiché governatori, procuratori generali e altri leader locali avranno il potere di decidere quando e se l’aborto sarà consentito.

Il Senatore democratico Chris Murphy ha dichiarato: «Cerchiamo di essere chiari al 100%. Se tra 2 anni i repubblicani prenderanno il controllo della Camera, del Senato e della Casa Bianca, passeranno il divieto nazionale dell’aborto. E a prescindere dallo stato donne e medici saranno incarcerati per il fatto di esercitare l’assistenza sanitaria».

E con queste premesse, il 24 giugno 2022 rischia di passare alla storia come la data di inizio della “seconda guerra civile americana”, perché la sentenza della Corte Suprema che ha cancellato il diritto federale all’aborto cristallizza la profonda spaccatura dell’America, che è culturale, politica, geografica e forse insanabile, in quanto riguarda valori non negoziabili spesso mescolati alla fede religiosa. La colpa ricade sui leader, politici in particolare, che invece di cercare il dialogo, la mediazione, e alla fine il compromesso, soffiano sul fuoco delle divisioni per puro interesse personale.

Questa vicenda, per tanti versi assurda e paradossale, dovrebbe farci riflettere sul fatto di non dare mai per scontato un diritto ritenuto già acquisito, in quanto come talvolta accade… non c’è niente di più “provvisorio” del “definitivo”.

di Stefania Lastoria