Il pasticciaccio brutto della Roma grillina…

Guido falociI danni che la giunta Raggi, sta portando al M5S

Del Movimento 5 Stelle viene detto di tutto. Di certo non si può che apprezzare la nuova voglia di partecipazione, di attivismo politico e di priorità etica, dei suoi simpatizzanti. E, non tutte le istanze dei grillini sono da guardare con sufficienza, perché esprimono un bisogno diffuso di una politica positiva, partecipata (anche solo dal pc), da parte del cittadino comune. Parimenti, per chi mastichi di politica molti aspetti del loro movimento -tipo la democrazia interna- possono suscitare scetticismi e lecite perplessità: il potere e l’insindacabilità degli atti dei maggiorenti del partito, sembra più riferibile ad una setta, che ad un movimento politico democratico.
Se nel loro presunto purismo, i proprietari del logo M5S si sono sempre rifiutati di stringere alleanze con chiunque (scelta che elettoralmente ha pagato), obbiettivamente dal punto di vista sostanziale hanno fallito il primo servizio della politica: quello di essere pragmatici per venire incontro ai bisogni del cittadino-elettore. Lo si è visto dopo le elezioni politiche, quando il loro rifiuto di coalizzarsi al PD targato-Bersani, hanno portato all’ascesa di Renzi e al “patto del Nazzareno”, dove il voto degli elettori democratici è stato scippato in favore dell’innaturale alleanza con gli avversari del centrodestra. Ma, più in piccolo, lo si è ben visto con la giunta capitolina di Marino.
Da certi fieri assertori della legalità, del rinnovamento, della pulizia, sarebbe stato logico attendersi che, la proposta di entrare nella giunta del sindaco marziano (invisa agli apparati del suo stesso partito), non andasse disattesa. Invece, nonostante la consultazione della base, in rete, del giugno 2013 avesse accettato quell’invito, i vertici del movimento, lo hanno rifiutato. Anzi, il M5S ha contribuito alla caduta di Marino, con un’alleanza non-scritta con i suoi nemici, prestandosi alla gogna mediatica, pur di fare decadere il sindaco e vincere le successive elezioni comunali; ma, in questo modo ha prevalso il calcolo politico (vincere a Roma, per poi governare il paese), sulle necessità del cittadino che aveva bisogno di quell’alleanza tra “ripulitori”.
Ma Roma è Roma e non bastano le intenzioni di rinnovamento, o i post fasulli in rete degli attivisti, per governarla. Occorre: un squadra di uomini capaci, il più possibile onesti; l’essere disposti a farsi tanti nemici (…); un programma chiaro e realistico; l’essere disposti a scendere ad accettabili compromessi politici, per portarlo avanti; avere il sostegno della ggente, per difendersi dagli attacchi dei potentati locali. Una volta vinte agevolmente le elezioni comunali, con il centrodestra ed il centrosinistra che hanno fatto a gara per spianar loro la strada, era ovvio sia che dovessero presentarsi pronti e uniti, per un buon governo di una città particolarmente complessa, sia che per lecite aspettative e voglia di rivalsa politica, si sarebbero trovati sotto la lente d’ingrandimento.
La mancanza di una classe dirigente preparata e la normale divisione in correnti locali, per una città così grande, hanno prodotto errori madornali: alle primarie, prevalendo l’anima post-fascista, la nuova giunta ha riciclato dei collaboratori di Alemanno e della Polverini, forse non proprio esemplari; mancanti di propri tecnici, si è affidata ai suggerimento di “amici” (o studi legali…?) scegliendo persone di dubbia trasparenza. Il famoso mini-direttorio, che avrebbe dovuto supportare-tutelare-indirizzare il nuovo sindaco, diviso al suo interno ha miseramente fallito e si è dimesso: dopo circa tre mesi dalla vittoria elettorale, la capitale è ancora senza una giunta completa. Non solo, oggettivamente la città sta cadendo in una spirale di decadenza (pulizia, trasporti, viabilità, progettualità), alla quale non si vede rimedio.
Dopo aver sapientemente sfruttato le possibilità che la rete da, per diffondere il pensiero, averle abilmente usate per colpire la giunta Marino e vincere poi le elezioni, ora il M5S da quella stessa rete viene accerchiata: in essa sono sottolineati la sua inadeguatezza ad amministrare e vengono ampliati quegli errori, quelle incoerenze, in cui può cadere chi governa. Per il Movimento poi, che di certi valori ha fatto il suo vessillo, tacciando gli altri partiti di “vecchio” e di “corrotto”, ogni errore, ogni minima mancanza diventano imperdonabili e argomento utile per demolirne la credibilità, agli occhi dei suoi elettori.
Occorrerà che il Movimento faccia un salto di qualità ed impari in fretta a governare e, all’occorrenza a mentire, se non vuole che la Giunta romana da vetrina per ulteriori traguardi nazionali, non diventi l’inizio della sua fine.

di Mario Guido Faloci

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