Fedra: lacerazione profonda tra legge e desiderio

Siamo tutti vittime o figli della nostra storia familiare e se riusciamo ad esserne coscienti, possiamo liberarci di certe trappole. Laddove, invece ne siamo inconsapevolio non lo affrontiamo, finiamo vittime delle nostre pulsioni più sfrenate…” Elena Sofia Ricci porta in scena la sua opera prima da regista, Fedra di Seneca, al teatro Quirino di Roma, con una Valentina Bonci nel ruolo della protagonista. Una opera corale, dove Valentina esprime tutto il suo desiderio con la forza cruda della natura, vibrando all’unisono con il pubblico, che assiste in religioso silenzio. Gestire così tanta potenza espressiva non è facile, ma Elena Sofia Ricci supera se stessa, trascinando tutti i personaggi sopra le righe.

Tutti noi, l’umanità intera, fatta a brandelli dalla avida cecità di una società che rifiuta di ascoltarsi continuando a distruggere la Terra.

La collocazione della tragedia, in una epoca post-apocalittica, collocata in una sorta di sfascia carrozze, una discarica di tutti i tempi, di tutti i mali, ti tutti gli egoismi che uccidono il pianeta. Una discarica dove si mescolano i secoli, sovrapponendosi uno sull’altro. Sono tutti lì, le attrici, gli attori, in mezzo ad un mare di stracci, con il corpo smembrato di Ippolito in tanti stracci rossi.

Fedra si innamora di Ippolito, figlio di suo marito Teseo. Al suo rifiuto si inventa una violenza incolpando Ippolito. Poi lacerata dal dolore si uccide. Teseo, accecato dall’ira, crederà a lei e scatena le furie degli Dei contro suo figlio.

Dialoghi serrati, movimenti al “ralenti”, la nutrice, il coro e il messaggero. Il rapporto conflittuale con il potere, popolato da persone che si muovono e arrancano tra le macerie della propria esistenza. La mancanza di una coscienza sociale che possa sovvertire l’ordine stabilito dagli Dei e dal potere, viene trasmesso con chiarezza e intensità in cui le dinamiche e le ossessioni, si trasformano in patologie popolate dai mostri interiori dei personaggi. Macerie. Macerie dell’anima nella loro tragica verità, che ci viene riportato per bocca del messaggero, interpretato non da un uomo, ma da una donna, Ilaria Genatiempo, perché “per bocca di a donna, forse una madre, il racconto della mostruosità che Teseo ha scatenato contro il figlio, assume tutta un’altra forza: dal mancato incesto al figlicidio. Il dramma attuale della umanità contemporanea destinata a scomparire in cui si ripete, come un eterno loop, l’uccisione di Abele da parte di Caino.

di Claudio Caldarelli

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