Respingimenti sloveni. La stretta del Governo sulle rotte via terra

Respingere i profughi. Sembra questa, ad oggi, la linea del Ministro Piantedosi in tema di immigrazione. Dopo le direttive sugli sbarchi, tendenti a frenare gli ingressi  via mare, ora il Governo ci riprova con una direttiva volta ad ostacolare le rotte via terra. Il 6 dicembre il Capo di Gabinetto del Ministro Piantedosi, Maria Teresa Sempreviva, ha firmato una direttiva con la quale chiede alle Prefetture di Trieste, Udine e Gorizia di adottare “ogni iniziativa volta a dare ulteriore impulso all’attività di vigilanza lungo la fascia confinaria anche al fine di assicurare la più efficace attuazione degli accordi con Slovenia e Austria”.

In sostanza vengono riattivati i respingimenti, anche se il Governo preferisce utilizzare una definizione più cauta e li definisce “meccanismi di riammissione informale”. Respingimenti  disumani che  hanno portato il Tribunale di Roma, nel gennaio del 2021, a dichiararli illegali a seguito di un ricorso presentato nell’interesse di un richiedente asilo pakistano. Gli accordi del 1996 a cui la direttiva fa riferimento, riattivati nel 2020 proprio dal Ministro Piantedosi che all’epoca era Capo di Gabinetto, non solo, secondo il Tribunale, violavano il diritto interno ed europeo, ma non avrebbero dovuto essere utilizzati senza le garanzie sull’effettivo trattamento  che gli stranieri avrebbero ricevuto, primo fra tutti il diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti. Trattamenti inumani che invece sembrano essere la regola.

La Rete PRAB- Protecting Rights at Borders- nel rapporto “La dignità umana persa alle frontiere” ha denunciato e documentato oltre 12mila respingimenti. Nella maggior parte dei casi si tratta di respingimenti accompagnati dall’uso di violenza, da maltrattamenti, estorsioni, distruzione degli effetti personali e separazione dei nuclei familiari. La storia di Mahmood, il richiedente asilo pakistano, è quella di migliaia di uomini e donne che tentano di entrare attraverso quella che viene considerata una delle rotte più violente. Mahmood e gli altri profughi insieme a lui, quando chiedevano  agli agenti di frontiera di andare il bagno, venivano derisi e ignorati. Mahmood è stato ammanettato, caricato bruscamente su una camionetta e rilasciato su una zona collinare al confine con la Slovenia, racconta in una lunga intervista su L’altra Economia, Caterina Bove, l’avvocata co-autrice del ricorso.

“I profughi vengono fatti sdraiare a terra e ammanettati dietro la schiena con delle fascette. Vengono presi a calci sulla schiena, colpiti con manganelli avvolti con filo spinato, spruzzati con spray al peperoncino, fatti rincorrere dai cani dopo un conto alla rovescia cadenzato da spari in aria” continua Caterina Bove, socia dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione. A seguito della nuova direttiva emanata, Magistratura Democratica, ARCI;ASGI; CGIL  con un documento congiunto hanno chiesto al Governo di “porre fine a questa prassi illegittima e di rispettare la legislazione italiana e le convenzioni internazionali sul diritto di asilo”.

Nicoletta Iommi