Il Garante per la protezione delle persone private della libertà personale interviene sul nuovo Decreto Ong
Il 28 dicembre 2022 il Governo ha emanato l’ultimo decreto dell’anno in tema di soccorsi in mare. Si tratta di un codice di condotta, una serie di regole comportamentali riservate a chi salva esseri umani dalla morte certa tra le onde, a chi porta a bordo un neonato sollevandolo da un barchino in avaria, a chi fa partorire donne dopo averle sottratte alle acque gelide. Regole stringenti che mal si conciliano con l’idea che prima di tutto, sopra a tutto, c’è il bene supremo della vita.
Le polemiche non sono certo mancate, in particolare per la parte del decreto che vieta i c.d. “soccorsi plurimi”. In sostanza il decreto prevede che se una nave procede con un primo salvataggio poi non potrà accogliere a bordo nessun altro si trovi in condizioni di difficoltà, ma dovrà terminare il soccorso il prima possibile e raggiungere il porto assegnato. Al di là della sconfortante pensiero di quanto tutto questo possa essere atroce, l’accusa principale che viene mossa dalle ong impegnate nei salvataggi in mare è che questa regola sia in contrasto con il diritto internazionale.
Molte le critiche da parte della società civile e autorevoli giuristi, ma ora è intervenuto anche il Garante per la protezione delle persone private della libertà personale che ha ritenuto utile pubblicare una nota “al fine di ricordare alcuni principi nazionali e sovranazionali che vincolano il nostro Paese”.
La nota, nella premessa iniziale, ribadisce che le Convenzioni internazionali, per espressa disposizione costituzionale, sono un limite alla podestà legislativa dello Stato e non sono derogabili dalla legislazione interna ed aggiunge: <<In prospettiva di una analisi dettagliata del decreto legge approvato il 28 dicembre scorso dal Consiglio dei Ministri e del processo di sua successiva conversione, gli elementi di riferimento sono le norme di diritto internazionale, nonché quelle del diritto, anche interno, della navigazione e del soccorso in mare>>
Interviene poi sulla previsione, prevista dal nuovo decreto, di espletare a bordo le procedure per la richiesta di asilo e fa un necessario distinguo fra possibilità e obbligo <<la prima ipotesi rappresenta un incremento delle potenzialità che compongono l’idea stessa dei salvataggi, la seconda impone una irragionevole accentuazione di vulnerabilità che farebbe antecedere la politica interna di uno Stato rispetto al principio sovranazionale di massima tutela di chi può trovarsi in condizioni di fragilità sul piano personale e anche giuridico>>. L’auspicio del Garante è che il Governo provveda in tempi brevi a dissipare questa perplessità, anche per evitare censure internazionali.
Un ultimo riferimento è alla derubricazione da reato penale a sanzione amministrativa che, avvisa il Garante, può essere letto come elemento depenalizzante ma può avere effetti anche peggiori. Il decreto prevede infatti una multa fino a 50mila euro all’armatore e al comandante e la confisca dell’imbarcazione.
<< La valutazione da parte della Magistratura è comunque elemento di garanzia rispetto a sanzioni che abbiano l’effetto, sul piano pratico, anche maggiori e che vengono imposte dal potere amministrativo>>.
Va detto che, ad oggi, i processi penali sono stati quasi sempre favorevoli alle navi di soccorso. Far pagare loro una multa elevata e confiscarle per due mesi avrebbe da un lato l’effetto di imporre loro costi altissimi, dall’altro di fermarle senza necessità di adire un Tribunale, mentre le persone continueranno a partire e anche morire nell’estremo tentativo di attraversare il mare pur di sentirsi al sicuro, lontani da guerre e torture di ogni tipo.
Nicoletta Iommi