Erano le 11.45 del 14 luglio 1948 quando a Roma, in Via della Missione, nei pressi di un’uscita secondaria della Camera dei Deputati che Palmiro Togliatti era solito utilizzare, Antonio Pallante, studente siciliano di Randazzo, colpì il capo del P.C.I. con tre colpi di pistola alle spalle, sparando anche un quarto colpo che per fortuna fallì il bersaglio. Erano passati appena tre mesi dalle prime elezioni politiche della storia repubblicana, la Democrazia Cristiana aveva sconfitto i comunisti ed i socialisti ed il clima politico e sociale in Italia era molto teso. Si respirava un’aria da guerra civile tanto che quello stesso giorno il deputato socialdemocratico Carlo Andreoni, in un editoriale molto critico nei confronti di Togliatti pubblicato dal quotidiano l’Umanità, aveva dato al Segretario del PCI del traditore e aveva scritto che “dinnanzi alla jattanza con la quale il russo Togliatti parlava di rivolta” ed evidentemente prima che fantomatiche armate straniere giungessero a sostenere le posizioni dei comunisti, la maggioranza degli italiani avrebbe dovuto trovare la decisione sufficiente “per inchiodare al muro del loro tradimento Togliatti e i suoi complici. E per inchiodarceli non solo metaforicamente”. Sembra chiaro che quel volgare ed ingiustificato scritto di quel tal Andreoni non poteva restare senza una adeguata risposta e in effetti, puntualmente, Giancarlo Pajetta così si rivolse direttamente a Giuseppe Saragat, il giorno successivo all’attentato, di fronte ad una Camera dei Deputati attonita e incapace di ribattere al deputato comunista. “Lei, onorevole Saragat, anzi tu, traditore del socialismo, tu traditore, hai affidato il giornale di un partito che si chiama socialista, a quel delinquente professionale che risponde al nome di Carlo Andreoni che, non più tardi di ventiquattrore fa, scriveva: questi comunisti li metteremo al muro e non metaforicamente soltanto, non metaforicamente come ha fatto il sicario, come ha fatto quello che ha accettato il tuo consiglio. Tu, ex socialista, hai creato questa atmosfera con la tua propaganda.” Togliatti sopravvisse, ma l’attentato ebbe comunque grosse conseguenze: in tutta Italia furono organizzati scioperi e cortei di protesta e per qualche giorno sembrò che stesse per iniziare una guerra civile, o una rivoluzione comunista. Nei violenti scontri che si verificarono tra la polizia e i manifestanti morirono in tutto 30 persone e altre 800 furono ferite.
Quell’Antonio Pallante, studente di giurisprudenza fuori corso (e come ti sbagli! In certi soggetti la classe non è acqua) di 24 anni, aveva acquistato una pistola con il preciso obiettivo di andare a Roma e di uccidere Togliatti. Volendo essere sicuro di riconoscere la sua vittima e di non sbagliare persona, inoltre, il giorno precedente si era recato alla Camera per assistere ai lavori e vedere dal vivo il Segretario del PCI. Pallante sparò quattro volte, mandando a segno tre colpi, poi fuggì, ma fu arrestato all’istante.
Togliatti fu immediatamente portato al Policlinico di Roma ed operato d’urgenza dal chirurgo Pietro Valdoni. Intanto il direttore dell’Unità Pietro Ingrao fece uscire un’edizione straordinaria del quotidiano, per raccontare dell’attentato.