O è anche presente o non è nemmeno cinema storico

Due diverse imbarcazioni si trovano in questi giorni a solcare le acque degli schermi italiani, con a bordo vicende e personaggi di anni molto contigui della nostra storia. Sono legni molto diversi tra loro per stazza ed equipaggi, ma ora li potete vedere incrociare per alcuni tratti di uno stesso braccio di mare. Non solo storico, ma anche cinematografico. Sono, infatti, entrambi in programmazione al Cinema Farnese di Campo de’ Fiori a Roma.

Sono Rapito, di Marco Bellocchio, e La versione di Anita, di Luca Criscenti. Tutti e due presentati a distanza ravvicinatissima al Farnese con i rispettivi autori e cast, davanti alla sala in sold out. Un’altra singolare coincidenza è che alla sceneggiatura dei due film ha partecipato Daniela Ceselli, autrice e prof, che conduce spesso le sue classi al cinema, e mai come in questo caso anche dentro l’insegnamento vivo della Storia.

Anita Garibaldi esala tra le braccia di Giuseppe – José come lo chiama lei il 4 agosto del 1849, vicino a Ravenna, a soli 28 anni. Fuggivano da Roma, dove avevano combattuto per sostenere la Repubblica Romana, schiacciata nella tenaglia delle truppe francesi e borboniche accorse in sostegno del Papa Re Pio IX, al secolo Giovanni Maria Ferretti. Proprio a seguito di tali vicende, ilPontefice è costretto a fuggire furtivamente dal Quirinale per rifugiarsi a Gaeta. Quali deputati della Repubblica Romana, durata solo i primi sei del 1849, sono eletti anche lo stesso Garibaldi e Giuseppe Mazzini. La comunità ebraica romana è accusata di aver sostenuto la breve esperienza rivoluzionaria, e un forte risentimento verso di loro si fa subito palpabilmente sentire al rientro di Pio IX a Roma.

Neanche dieci anni dopo, nel 1858, a Bologna, Edgardo Mortara, un bambino ebreo di soli sei anni, è sottratto dalla Chiesa alla propria famiglia e condotto a Roma. Qui, insieme ad altri bambini ebrei, è sottomesso alla religione cristiana, secondo le disposizioni e cure dirette dello stesso Pio IX.

È la vicenda narrata da Marco Bellocchio in Rapito. Un film di grande impegno produttivo, potente nel racconto, nelle immagini, nel montaggio, nella travolgente collettività artistica, che si stabilisce – e si avverte – tra cast e autore. A rimanere rapitodall’inattesa sorpresa è lo stesso pubblico.

Di tutt’altra dimensione produttiva La versione di Anita, essendo questo un docufilm che alterna alcuni recitativi in costume storico, a scene del presente e a poco conosciute immagini di repertorio. Eppure, il vascello leggero di Criscenti ci coglie di una sorpresa ugualmente potente, soprattutto perché autenticamente inaspettata.

Si disvela, infatti, un’Anita misconosciuta persino agli italiani che da bambini respiravano i racconti che a scuola e in famiglia si facevano sulle gesta dell’Eroe dei Due Mondi. Ma chi fosse davvero lei non è mai stato davvero raccontato: Anita, anche nel cognome, è sempre e soltanto Garibaldi. Finalmente Luca Criscenti ci mostra con rigore storico e slancio narrativo chi Anita davvero fosse, e ancora è. Un film sì inaspettato, ma che man mano che si svolge, ci fa sentire con sorpresa ancora maggiore da quanto tempo lo aspettavamo. In Rapito, nella sua interpretazione di Pio IX, Paolo Pierobon ci fa sentire, da dentro il personaggio,la forza soverchiante del Potere in quanto tale. Di un potere che travalica la stessa persona di questo o quel regnante, o istituzione storico-politica governate. Sotto tale aspetto è un potere impersonale. Ossia, sempre in atto, anche nel nostro hic et nunc, qui e ora, nella Roma Caput Mundi dentro ognuno di noi, fossimo anche dei remoti eschimesi o aborigeni. È questo l’elemento di universale attualità dell’opera di Bellocchio.

Nel film di Luca Criscenti, Anita esce dal suo costume, attraversa le strade della Roma odierna, guida un’auto, si reca negli studi radiofonici della Rai in Viale Mazzini per un’intervista con Marino Sinibaldi. È la resistenza, che ieri come oggi, si oppone al potere che si erge quale forza patriarcale atavica, anche inconscia. Quella potenza che si autoproclama, si autocelebra, proprio perché elegge quotidianamente il femminile come debolezza da sottomettere a sé: in quanto singola persona, comunità, nazione, intera civiltà.

Per questo la storia, il passato può anche essere dietro, alle nostre spalle; il vero cinema, invece, non può fare a meno di manifestarsi sempre in maniera attuale, presente. Davanti: ai nostri passi, ai nostri occhi, alle nostre coscienze.

Riccardo Tavani