Francesco Nuti: Madonna che silenzio c’è stasera
“Prima ero una fava che si finiva le seghe, poi il successo e fica a palate, poi dopo merda a palate”. Questo è Francesco Nuti. Così si descrive nell’autobiografia “Sono un bravo ragazzo” edita da Rizzoli. Ci ha lasciato, Francesco, dopo anni di sofferenza e malattia. Dopo anni passati nel dimenticatoio. Eppure Francesco, che si chiamava come il Papa, aveva anticipato i tempi con il suo essere attore umile e popolare, “bischero” ma sincero e sorridente. La sua ruvida e genuina genialità, incompresa negli ultimi film, dal pubblico che lo aveva osannato, a noi ci rimane dentro. I suoi ultimi film da regista, nel linguaggio odierno si possono definire distonici, ma anche surreali.
L’attore di Prato, che aveva conosciuto il telaio delle fabbriche tessili, era riuscito a far sorridere l’Italia pre-crisi, con l’ironia romantica e sfacciata di un toscano che metteva il cuore nel suo recitare. I personaggio, penso a Caruso Pascoski, a Io Chiara e lo scuro, era finito al Certain Regard di Cannes.
Una intera generazione ha intonato “ Pupp’a pera”, uno stornello memorabile cantato ripetutamente in ogni occasione.
Francesco Nuti è partito, potremmo dire “Tutta colpa del Paradiso” che forse lo ha chiamato a se. Ma l’ironia della sorte ha voluto che morisse lo stesso giorno di Berlusconi, così, tutti i media, tv e giornali e radio, parlano di Berlusconi, dimenticando ancora una volta “Willy Signori”. Non è stato fortunato, Francesco, che anche se porta il nome del Papa, non ne ha tratto nessun vantaggio. Francesco, noi vogliamo ricordarlo, perché non ha fatto affari con la mafia, è rimasto il figlio degli operai del tessile di Prato. Un OcchioPinocchio, originale e contemporaneo, drammatico e indulgente, tra oppressione di classe e anarchica libertà del singolo.
Francesco Nuti aveva 68 anni, era malato da tempo, è stato campione di incassi è campione di tracolli. Ma era Francesco con la verv del comico saltimbanco e nel contempo maestro di regia romantica. Ha dato vita a personaggi surreali, caratterizzati dalla cadenza dialettale. Commedie brillanti, irreali, davano vita a strabilianti scene di sognata quotidianità. Aveva iniziato con i Giancattivi, il trio insieme a Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, con cui esordi nella pellicola “Ad ovest di Paperino”. Si cimenta anche nella musica, partecipando al festival di Sanremo nel 1988 con la canzone “Sarà per te”, in seguito incisa anche da Mina. Duetta anche con Mietta con il brano “Lasciamoci respirare” scritta da Biagio Antonacci. Francesco ha scritto poesie, raccolte dal fratello Giovanni che ne farà un libro “la sua comicità si coniugava con un sentire poetico, faceva ridere ma c’era sempre un confine con la malinconia. È il destino del comico in fondo, lui forse ha patito una specie di discriminazione in questo senso: il comico viene visto come una persona non intellettualmente elevata, lui in realtà leggeva e scriveva molto. Dovremmo riscoprire anche questo lato”.
Ciao Francesco morto lo stesso giorno dell’Innominato di manzoniana memoria.
Claudio Caldarelli – Eligio Scatolini