Il caporalato uccide
Il caporalato uccide. Il caporalato uccide a sangue freddo. Il caporalato tortura donne e uomini. Incatenandoli, senza diritti, sotto il sole cocente, per pochi euro l’ora. La piaga del caporalato tocca da vicino circa 230 mila braccianti, tanti sono nelle campagne italiane, dalla Sicilia al Veneto.
Una intera economia “illegale” gira intorno al caporalato, allo sfruttamento disumano di donne e uomini, resi schiavi da padroni senza scrupoli.
Oltre allo sfruttamento oltre i limiti della sopravvivenza, il caporalato utilizza ogni maniera violenta per sottomettere le braccianti ai loro voleri. Spesso le violenze, fisiche e verbali, usate contro le donne nei campi, supera ogni nostra immaginazione.
La drammatica morte di Satnam Singh, scaricato sull’asfalto, dopo che una macchina agricola gli aveva tranciato un braccio, gettato dentro una cassetta di verdure marce, mette in mostra la barbarie, di cui sono capaci i padroni senza scrupoli e i loro scagnozzi, i caporali.
Migliaia di donne, circa 60 mila, tutti i giorni, nei campi di meloni, pomodori, melanzane, zucchine ed altri prodotti ortofrutticoli, sono costrette ad una schiavitù, molto più feroce della schiavitù dei secoli scorsi. Migliaia di donne, braccianti agricole, tutti i giorni vengono violentate, dai caporali e dai loro tirapiedi, nei campi sotto il sole. Ma nessuno si salva, le violenze, di ogni genere, vengono usate anche per gli uomini. Nessuna può ribellarsi. Nessuno può ribellarsi. Tutto avviene nel silenzio totale, anzi con la complicità dei proprietari, padroni, o affittuari. Tutti conoscono il dramma della piaga del caporalato, ma tutti tacciono perché ne traggono benefici economici. Benefici economici di un sistema marcio, basato sulla violenza alle donne, sullo sfruttamento fino alla morte, sulla misera paga giornaliera. Nei campi ortofrutticoli si lavora anche 14 ore al giorno, sotto il sole.
230 mila schive e schiavi di cui il 30% non sono migranti extra-comunitari, ma cittadini europei o italiani, dicono i dati della Flai-Cgil che da anni monitora il caporalato e le agromafie.
Le agromafie, un’altra piaga figlia di un sistema economico basato sullo sfruttamento, sulla violenza e sulla avidità. La paga quando è buona è di 20 euro al giorno per 14 ore di lavoro, cioè 1,40 euro l’ora. Ma c’è anche chi di euro ne prende solo 10 per 14 ore, cioè, 0,70 centesimi l’ora, oppure nemmeno uno, cioè niente, solo una bottiglietta d’acqua e un panino, per 14 ore di lavoro sui campi, sotto il sole, con la schiena piegata, dall’alba al tramonto. E poi se un macchinario ti trancia un braccio, non chiedono soccorso, non ti portano all’ospedale, ma ti gettano tra le immondizie a morire dissanguato. Perdonaci Satnam Singh.
Claudio Caldarelli