L’oscuro riflesso del doppio

Nella stranezza della mia condizione i termini del dibattito sono vecchi e comuni come l’uomo, le stesse tentazioni e le stesse paure gettano il dado per il peccatore tentato e impaurito; mi accade, come la peggior specie dei miei simili, di scegliere la parte migliore, e di non saperla mantenere”. Così si descrive il dott. Jekyll. Così noi ritroviamo il lato oscuro di ognuno, riflesso nello specchio che avvolge l’intero pubblico, come a dire che siamo tutti ambivalenti. Ognuno il suo doppio.

Al teatro Quirino di Roma, Sergio Rubini, avvolto nella oscurità delle scene, rappresenta “Il caso Jekyll” con Daniele Russo nella parte del doppio. I protagonisti non sono sul palco, dove per due ore mettono in scena il lato oscuro di ognuno, ma gli spettatori, risucchiati da uno specchio che scende per mostrarci la parte peggiore del lato umano. Un vortice di stranezze, tutte avvolte dalle tenebre, in un gioco di luci, che non illuminano, ma che sottolineano la difficoltà di esistere nella bontà. Il doppio si manifesta incontrollato, liberato dalla ipocrisia del buonismo, emerge in tutta la sua malvagità, nutrita dai pensieri più reconditi e radicata nel fin dentro il midollo di una umanità ormai senza più etica e morale. Il lato oscuro di due personalità, in cui il bene e il male sono un tutt’uno con il vivere quotidiano, uno il riflesso dell’altro. Un meccanismo avvolgente, ben orchestrato, in grado di tenere l’attenzione, del lato oscuro, degli spettatori. Sergio Rubini riesce nell’intento di raccontare una storia complessa in modo semplice e fruibile, anche se le due ore, forse dovevano essere due atti. Ma il risultato è eccellente, tenebrosamente eccellente, in grado di disarcionare le nostre ipocrisie e metterci difronte al nostro doppio riflesso sull’intercalare dello specchio. Una trama che ha il ritmo oscurato volutamente dalle luci, per fargli assumere il ritmo di una interazione con la profondità dell’istinto, represso e liberato. Sergio Rubini libera tutto ciò che la coscienza della società tiene repressa, mostra in chiaro il lato peggiore, anche se, forse, non è il peggiore. Ognuno ha dentro di sé ciò che non vuole avere, ma sa di avere, anche quando non riesce nel controllo. Tutto avvolto nel gelido e nebbioso inverno della vita quotidiana di ognuno. L’angoscia diviene tangibile, crea un effetto ansiogeno, dove il mostro che si manifesta è il mostro racchiuso dentro le nostre debolezze. L’interiorità umana così complessa e indecifrabile, tanto da mettere a nudo la parte animalesca dell’uomo spinta a passioni e istinti primordiali, totalmente svincolata da qualsiasi freno inibitorio di coscienza o razionalità. L’imperfezione dell’umanità è il completamento razionale del suo io irrazionale. L’imperfetta perfezione che nasce dal doppio riflesso nella nostra stessa immagine.

Claudio Caldarelli