Impero, Tecnica e Guerra, la vera faccia dell’ingiustizia mondiale

Una tregua di un mese. Certo, si può considerare come un prima prova di buona volontà da una parte e dall’altra. per giungere poi, passo dopo passo, a una vera pace e stabilità dell’area. Questo, però, presuppone che un piano più generale ci sia già, pur concedendo non possa essere ancora del tutto definito. La risposta di Putin alla proposta di Trump è proprio un disegno più ampio che lascia intravedere. Si dirà che è il piano di un invasore. Sicuro. Un eventuale progetto americano, invece, cosa sarebbe? Quello di chi vuole imporre dazi capestro al mondo intero, per tornare a spadroneggiare con la propria economia, semplicemente spogliando le altre?  Di chi si vuole annettere – per non dire razziare – materie prime e terre non proprie, oltre che quelle definite in chimica e fisica Rare? Come il Canada, la Groenlandia, per risorse delle quali Impero è ormai – in maniera sempre più devastante – tossicodipendente.

Chi potrebbe e dovrebbe, allora, proporre questo piano di pace e stabilità duratura? Non può che salire alle labbra il nome ‘Europa’. Questo nome, infatti, è origine della stessa civiltà Occidentale. E della politica, quale massima arte architettonica, dice Aristotele. E della democrazia, la cui prima forma nasce in Grecia, ad Atene, nel V secolo A. C. Nasce e si sviluppa insieme alla filosofia, ossia al sapere dei saperi, alla conoscenza che tenta di definire la struttura primaria dell’essere in sé, dell’esistere del mondo e dell’umano in questo mondo, della realtà, per governarla e goderla con Dike, giustizia. Europa, lungo la cui millenaria storia si pronunciano, si pensano, prendono sostanza i valori spirituali, i diritti materiali, il benessere sociale, attraverso scritti, conflitti, rivoluzioni. Chi meglio di Europa reca nelle proprie viscere lacerate la tragica sapienza di contraddizioni e guerre? E chi ha ora due sconvolgenti conflitti bellici, quello russo-ucraino e quello israelo-palestinese, attorno ai labili confini geografici e mentali dei suoi circa 500 milioni di abitanti?

Quale utero partorisce America, geograficamente, politicamente, se non quello di Grande Madre Europa? Ed è proprio estraendo la radice più profonda, netta dell’ormai aggrovigliata pianta secolare dei valori europei che rinasce in America la forma democrazia, quella moderna e ancora vigente in Occidente. America che – con pari nettezza e rapidità – ripartorisce in guisa moderna anche Impero. Guerre, dominio internazionale della moneta, delle proprie merci e produzioni, non solo quelle industriali, economiche, ma anche – e in maniera niente affatto secondaria – quelle della propria industria culturale, come la definisce il filoso tedesco Theodor W. Adorno, che vive, lavora, scrive a New York e Los Angeles per una decina di anni, tra il 1938 e il 1949.

Prima dell’avvento della presidenza Trump, Europa ha inseguito gli Usa di Biden nella scomposta corsa a valanga bellica. Oltre, però, gli ingenti aiuti economici e militari all’Ucraina, e il sostegno a Israele, abbiamo mai visto un serio piano di pace e stabilità elaborato e proposto internazionalmente da Europa? Internazionalmente: ossia da poter essere considerato dall’intero poligono di forze mondiali in gioco. No, non lo abbiamo visto, e difficilmente potremmo vederlo. Perché in Occidente, e anche oltre, in Russia, in Oriente, Medio Oriente, Terzo Mondo è tutto Impero, provincia della sua logica. Logica di deformazione innanzitutto dell’essere in sé, dell’esistente, di qualsiasi esistente, piccolo, fragile o grande, potente in quanto tale. E la Tecnica, il suo apparato operativo, è fin dall’origine d’Occidente lo strumento privilegiato di tale lavoro, opera materiale di deformazione, manipolazione. E quel lavoro che si chiama guerra ne è la massima espressione.

Ovunque nel mondo Guerra e Tecnica si mostrano quale autentica faccia l’una dell’altra per contendere e imporre dominio. Dominio non solo esterno, ma – per niente secondariamente – pure interno. La guerra, infatti, è soprattutto un modo per regolare i conti con le proprie classi sfruttate: impoverirle per rispedirle nell’inferno della sottomissione. Per il capitale, invece, è il paradiso. Ammassi di merci massicce, a sempre più alto peso tecno-finanziario, vendute in condizioni d’assoluta assenza di mercato, perché acquistate direttamente dagli Stati. Ossia: costringendo i popoli, attraverso tasse e spoliazione di diritti e servizi, a comprarle, così da impoverirli, piegarli alla condizione di essere meglio schiacciati, per l’ulteriore arricchimento di già ricchi e strapotenti, senza qualsivoglia Dike, giustizia.

Riccardo Tavani