Il cocomero spaccato e il precipizio elettorale italiano

Le viscere del pianeta hanno registrato lo scalpiccio scomposto del cinghiale zoppo americano sulla superficie terrestre da Riyadh, a Tel Aviv, a Roma, fino a Taormina. Il suono tipico del cocomero spaccato ha percorso in un attimo tutta quella sfera, quel globo geo-politico chiamato “Occidente”, fendendolo fino alle formazioni geologiche più profonde del sottosuolo. Il non accordo sui termini della Conferenza di Parigi relativa ai cambiamenti climatici rende completamente vano anche quello sulla lotta al jihadismo. Lotta già messa fortemente in discussione dalla inaffidabilità di Trump sul mantenimento del segreto in materia di scambi informativi tra apparati spionistici. Innanzitutto la Germania e poi il suo asse con la Francia sono ora il solo possibile contraltare strategico continentale al fracassante slogan “America First”, che significa letteralmente “Prima l’America”, ma che Trump traduce e riduce in “Solo l’America”. E il disavanzo commerciale tra i due paesi dell’8% a favore della Germania non lo può proprio più tollerare. Al punto che le successive dichiarazioni distensive tra la Cancelliera tedesca e il Presidente Usa appaiono come un rotolo di nastro adesivo avvolto attorno al cocomero ormai irreparabilmente spaccato.
Germania e Francia che dispongono anche di un loro assetto istituzionale abbastanza stabile. Che nelle elezioni tedesche di settembre vinca Angela Merkel o il socialdemocratico Martin Schulz non cambierà infatti la linea di politica internazionale tedesca. In Francia le prossime elezioni legislative di giugno, devono solo stabilire l’entità precisa della forza parlamentare della quale potrà direttamente disporre Emmanuel Macron. In ogni caso, proprio l’atteggiamento di Trump non potrà che rafforzare il vento popolare a favore del neo presidente francese e non mettere in discussione la sua politica estera. Veniamo però ora all’Italia. Qual è realisticamente il suo peso e il suo ruolo dentro questo quadro strategico? Inutile farsi illusioni e – soprattutto – gonfiarle di spropositate parole. L’Italia può giocare solo un ruolo limitato, ma questo non significa che se giocato bene esso non possa avere un suo peso internazionale. Innanzitutto, però, non può neanche cominciare a giocarlo tale ruolo. Non può perché non ha le carte in regola per farlo. Il suo assetto di governo centrale è traballante, esposto ogni giorno di più alla febbre di elezioni anticipate che si va rapidamente diffondendo tra le forze politiche maggiori. Soprattutto Matteo Renzi ha una fretta demonica di reinsediarsi a capo della Presidenza del Consiglio. Le lancette dell’orologio mondiale scandiscono inesorabilmente di minuto in minuto, anzi, di secondo in secondo la perfetta inutilità di un suo nuovo insediamento. Non solo Renzi non può mutare di un millesimo di millimetro l’assetto europeo ma è ormai visto – dopo il suo assordante crollo referendario sulla Costituzione – come un inquietante fattore di insicurezza, instabilità. Ci dobbiamo ossia chiedere se per un mero capriccio di potere debba essere messa a repentaglio l’unica posizione a noi ancora preziosamente concessa nel quadro strategico euro-globale. Questa posizione attiene alla questione del Mediterraneo e delle connesse migrazioni di massa che partono dal continente africano per attraversare la frontiera meridionale libica, sbarcare sulle coste marittime italiane e diramarsi poi in tutta Europa. Su questo noi possiamo e dobbiamo quasi esclusivamente concentraci, perché solo questo si lega poi a catena agli altri temi, quali quello dei mutamenti climatici e del contrasto al jihadismo. Ecco, non si comprende quale sarebbe il “di più” che la specificità personale e debordante di Renzi può apportare a tale piano, essendo anzi proprio il suo “di più” un fattore di squilibrio.
C’è poi un altro elemento che la febbricitante fretta elettorale di Renzi, Berlusconi, Grillo, Salvini e altri cancellano completamente agli occhi degli italiani. Qualsiasi tipo di elezione che si svolgesse a ridosso immediato di una riforma elettorale sarebbe sul piano europeo la consumazione cosciente di una violazione. Esiste infatti un codice di buona condotta in materia elettorale della “Commissione Europea per la Democrazia attraverso il Diritto” che l’Italia non solo ha sottoscritto ma alla cui firma e adozione ha offerto la città di Venezia quale prestigiosa sede di riferimento. Esso letteralmente afferma che “gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale propriamente detto, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell’anno che precede l’elezione”. Ossia: non si possono tenere elezioni prima che sia trascorso un anno dalla promulgazione di una riforma elettorale. Infatti la Commissione di Venezia ritiene, innanzitutto, che il diritto elettorale debba “beneficiare di una certa stabilità al fine di non apparire come oggetto di manipolazioni partitiche”. E che cosa sarebbero queste nostre elezioni precipitanti più che anticipate se non una manipolazione non solo partitica ma addirittura di pochi smaniosi e auto-impositivi leader nazionali? Inoltre solo il trascorrere di un adeguato lasso di tempo può permettere ai cittadini di capire davvero bene il complesso meccanismo elettorale che va ad alimentare con la sua partecipazione e tutte le sue capillari conseguenze istituzionali.
Tale codice è stato promulgato nella 52esima sessione plenaria della Commissione Venezia il 18-19 ottobre 2002, e recepito dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa nella sessione del 2003. Alla sua luce le elezioni anticipate verso cui ci stanno precipitando i principali leader italiani si configurano dunque sia come un atto illegittimo sia come un fatto di avventurismo politico che getta ulteriore squilibrio anziché stabilità – anche economica –sulla situazione già abbastanza critica del nostro continente. Non certo la condotta migliore per affermare la nostra presenza e le nostre ragioni internazionali, anche per frenare la scomposta scorribanda planetaria del cinghiale zoppo, che punta innanzitutto ad aumentare il caos sulle sponde del Mediterraneo e sulle grandi pianure d’Europa. Ma tanto non c’è niente da fare: così ha voluto e ottenuto il segretario del Pd. La riforma elettorale sarà approvata a luglio. La campagna elettorale nel mare d’agosto ci bagnerà a tutti le chiappe chiare. Il suono del cocomero spaccato sarà la sua colonna sonora. Dopo inizierà l’inevitabile lancio sempre più violento delle cocce.

di Riccardo Tavani

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