Orrore nel catanese, tre minorenni egiziani aggrediti

Fois

La follia del branco, la paura del diverso e tante responsabilità dell’apparato mediatico europeo. Lo scorso 22 agosto, nel catanese, due macchine frenano di colpo di fronte a un gruppetto di egiziani, tutti minorenni. Tre persone scendono dal veicolo, brandendo mazze da baseball e una pistola ad aria compressa. Nel giro di pochi secondi i tre ragazzi minorenni stramazzano a terra e il branco con la furia omicida colpisce ripetutamente sulla testa e sul corpo i tre sfortunati. Quasi per miracolo la scampano ma uno di loro riporta un ematoma celebrale. La corsa all’ospedale, poi l’intervento chirurgico, durato diverse ore nel cuore della notte. Più fortunati gli altri due giovani aggrediti cui viene assegnata una prognosi di cinque giorni. I tre carnefici finiti in manette sono Antonino Spitale, di 18 anni, e i fratelli Giacomo e Davide Severo, di 32 e 23 anni. La svolta nelle indagini sull’agguato, avvenuto intorno alle 17, è arrivata dalle riprese fatte con un telefonino da una delle tre vittime. Le cruente immagini mostrano alcuni attimi del pestaggio e, quando la telecamera si gira, appare una pistola puntata al volto di chi riprende. Immagini che hanno permesso agli investigatori di identificare e fermare gli aggressori.

Ci si chiede quante e quali responsabilità sono additabili ai media, che fomentano e contribuiscono a costruire, giorno dopo giorno, un clima di terrore. Poco importa che l’esplosione di attentati terroristici degli ultimi mesi non ha minimamente interessato la penisola. Dai telegiornali alla carta stampata, dal web alle radio, tutti i media tendono ad accostare notizie di terrorismo internazionale a notizie di stampo nazionale riguardanti i centri d’immigrazione di Ventimiglia o di Lampedusa. In aggiunta, ogni servizio di Tg sull’Isis termina con la minaccia di attacco a Roma e all’Italia. Seminare il terrore tra la popolazione è sempre stato un punto di forza per gli avidi di audience ma, quando ci si trova di fronte a situazioni come quella avvenuta nei pressi di Catania, ci si chiede se non sia il caso, per l’ennesima volta, di mettersi una mano sulla coscienza.

di Giovanni Antonio Fois