Sempre più Fortezza Europa, sempre meno diritti umani. L’Italia si accorda con la Libia per respingere i migranti. L’UE appoggia le violazioni dei diritti umani che ne conseguono.

Il 2 febbraio scorso, il primo ministro italiano Paolo Gentiloni ha firmato un memorandum di accordo con Fayez Mustafa Serraj, premier del Governo di Riconciliazione Nazionale libico che controlla la parte ovest del paese, per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale, attraverso la quale solamente nel 2016 181.000 persone hanno raggiunto l’Europa dalle coste libiche.

Il memorandum stabilisce l’apertura di campi di accoglienza sotto l’esclusivo controllo dell’autorità libica dove i migranti rimarranno in attesa del rimpatrio nei propri paesi, e l’aiuto dell’Italia al rafforzamento della frontiere marittime, verso la nostra penisola, e terrestri, con il Niger, importantissimo paese di transito.
La parola “rifugiato” non compare nemmeno una volta nel memorandum. E come potrebbe? Non avendo firmato la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, la Libia non dispone di un sistema di asilo. In più, i campi di accoglienza libici già esistenti sono stati definiti veri e propri “lager” dalle organizzazioni umanitarie. Fuori questione quindi la garanzia di un diritto che l’Italia formalmente riconosce, non solo in quanto firmataria della Convenzione di Ginevra, ma anche come membro dell’Europa cosiddetta dei diritti, come la narrazione politica impone.

L’Unione Europea, attraverso il Commissario all’immigrazione Dimitri Avramopoulos aveva inizialmente dichiarato il 27 gennaio che “qualsiasi accordo, compresi quelli di rimpatrio delle persone, deve essere fatto nel pieno rispetto dei diritti umani” e che “gli Stati membri hanno pienamente concordato [che la] Libia non è la Turchia e quello che abbiamo fatto in Turchia (l’accordo UE-Turchia sui migranti del 18 marzo 2016 N.d.A) non può essere replicato in Libia”, paese definito “sul punto di essere uno Stato fallito” dal Presidente di turno del Consiglio dell’UE Joseph Muscat il 12 gennaio scorso. Tuttavia, solamente una settimana dopo, al vertice informale di Malta il 3 febbraio, l’Unione Europea ha “accolto con favore questo memorandum d’intesa” e si è dichiarata pronta a “cooperare con le comunità regionali e locali libiche e con le organizzazioni internazionali attive nel paese.”

L’8 febbraio il Parlamento di Tobruk, eletto nel 2014 e in controllo della Cirenaica, la parte est della Libia, ha bocciato il memorandum, definendolo “nullo e non pervenuto”. Il firmatario Serraj ha infatti potere sulla sola Tripolitania e garantire la messa in atto dell’accordo risulta improbabile senza il consenso di Tobruk. Tuttavia, proprio oggi (14 febbraio N.d.A.) Khalifa Haftar, ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore in Cirenaica, e Fayez Mustafa Serraj si stanno incontrando al Cairo. Un incontro storico di cui non si conoscono ancora gli sviluppi e che potrebbe avere implicazioni sul rispetto del memorandum.

La messa in atto dell’accordo non cambia però la posizione dell’Unione Europea, che in piena contraddizione con i propri valori e le proprie dichiarazioni, appoggia e offre sostegno ad un accordo che vìola chiaramente il diritto a richiedere lo status di rifugiato, si fa beffa del principio di non-refoulement, che vieta ad un paese di rimpatriare chi rischia la vita nel proprio paese di origine, e reputa appropriata la detenzione dei migranti in dei lager.
Il muro di Trump sfigura al confronto.

di Giulia Montefiore