Puglia, il Tar ferma l’espianto degli ulivi
Gridano vittoria i movimenti No-Tap che da un mese lottano contro la costruzione del gasdotto e del terminale di ricezione di Melendugno. Il Tar del Lazio ha infatti bloccato, per lo meno fino al 18 aprile, l’espianto degli ulivi lungo gli otto chilometri della tratta italiana.
Fino a quel giorno i lavori saranno bloccati, ma soprattutto saranno riaperti i fascicoli e riesaminati i processi dell’iter attributivo che ha dato il via al progetto. “La sentenza non mette in discussione la procedura del mio ministero – ha rassicurato Gian Luca Galletti, Ministro per l’Ambiente – Tap è un’opera ambientalmente corretta e il gas ci rende più indipendenti dal carbone e dal petrolio”.
Facciamo allora un passo indietro, per comprendere quelle ragioni e quelle accuse che da sempre accompagnano la costruzione di grandi opere. La Tap è un metanodotto che fa parte del Corridoio Meridionale del Gas e garantisce la costruzione di nuove rotte per l’approvvigionamento di gas. Nuove rotte che significano, stando ai promotori del progetto, diversificazione, indipendenza e sicurezza. Il Corridoio Meridionale è un percorso lungo 8000 km che dalla Grecia si ricollega alla Turchia con la Trans Anatolian Pipeline e arriva fino al Mar Caspio tramite la South Caucasian Pipeline.
Quello che dalla Grecia attraversa l’Albania, il Mar Adriatico e arriva in Italia, dove si collega direttamente alla rete nazionale, è il tratto conclusivo: 878 km totali, tra terraferma e mare, di cui appena 8 su suolo italiano.
È qui che si concentrano le proteste. Il fronte No-Tap, che ha trovato appoggio nella Regione Puglia e nelle Amministrazioni Comunali dei paesi coinvolti, muove le sue accuse contro il progetto a partire da ragioni etiche. “Il metanodotto – si legge sul sito del comitato – è un’opera antidemocratica, imposta dall’alto senza sentire i pareri degli abitanti del posto. È un finanziamento diretto, inoltre, a regimi autoritari e repressivi come la Turchia”. Ma è l’aspetto ambientale a suscitare maggiori preoccupazioni. Incriminati sono il tratto marino e il terminale di ricezione di Melendugno. Il primo aspetto rischia di andare a colpire, nuovamente, quel mare che i pugliesi avevano provato a difendere con il referendum sulle trivellazioni. Il secondo invece ha come protagonisti gli ulivi secolari: 1900 espianti previsti, di cui 211 già effettuati. La procedura prevista dai lavori consiste nell’espianto, non nell’abbattimento, nel trasferimento in un sito di stoccaggio e nella successiva messa a dimora. (Per la costruzione dell’Acquedotto Pugliese, conclusasi lo scorso anno, gli ulivi trapiantanti sono stati oltre 2500).
“Vogliamo che i nostri figli possano vivere in un ambiente libero, respirare aria pulita e farsi il bagno in un mare sicuro – affermano le mamme No-Tap, che per bloccare i tir hanno portato in strada i loro figli – Non è strumentalizzazione, vogliamo che lottino insieme a noi per il loro futuro”.
Gli attivisti intanto hanno ricostruito in questi giorni uno dei muretti a secco distrutti dalle recenti proteste: “la nostra è una lotta pacifica, prendiamo le distanze da tutti quei violenti che macchiano la nostra protesta”. Una protesta che riprenderà dopo il 18 aprile, forse insieme ai lavori.
di Lamberto Rinaldi