La storia del boss mafioso che chiede il diritto di replica a scuola
Diritto di replica ai familiari del boss per spiegare le ragioni per cui il loro congiunto delinque agli studenti della sua città! Se non ci fosse da piangere, nel raccontare questa storia, si potrebbe riderci su. Perché, il fatto che la mafia temesse soprattutto la scuola, la cultura, l’istruzione e la conoscenza, è cosa risaputa. Ciò che è accaduto qualche giorno fa, però, supera l’immaginazione.
Nella scuola di Avola per parlare di legalità
Ci troviamo in Sicilia, ad Avola (provincia di Siracusa), nel corso di una splendida mattinata primaverile. Oltre 500 ragazzi desiderosi di conoscere la verità, i nomi ed i cognomi delle persone che, come una peste puzzolente, hanno (e stanno) distruggendo la loro realtà.
Prima di me parla il Preside dell’Istituto, la responsabile di Libera ed un assessore della Giunta cittadina. Nulla fa presagire cosa accadrà di lì a poco.
Prendo la parola ed inizio a sciorinare nomi ed affari dei boss locali.
Parto da Michele Crapula, boss e capomafia, condannato più volte e rais cittadino. Al comando nei periodi di carcerazione (come questo) e nei periodi di libertà, tutto grazie a dei familiari particolarmente “collaborativi” con il boss (secondo le indagini ed i collaboratori di giustizia) e che hanno ricevuto (e ricevono?) migliaia di euro di soldi sporchi di sangue, per il famoso e famigerato “mantenimento delle famiglie dei mafiosi”. Dal suocero (il defunto Aurelio Magro), al cognato (Paolo Golino), fino ai figli.
E’ proprio al suocero di Crapula, Aurelio Magro (o meglio agli eredi) che vengono sequestrati e poi confiscati diversi importantissimi beni, fra i quali una mega villa, abitata proprio dal capomafia, Michele Crapula e dalla sua famiglia.
La villa (LEGGI E GUARDA LE FOTO), poco dopo il sequestro, è stata completamente distrutta, divelti i pavimenti ed i termosifoni, distrutti i sanitari ed asportati perfino gli impianti di energia elettrica. Le uniche cose rimaste, a fare bella mostra di sé, sono due lettere che campeggiano come un mantra per chi entra in quei locali, due consonanti, in rosso e nero: “MC”. Michele Crapula, appunto. Da allora quei locali che potrebbero essere utilissimi per scuole, caserme e, comunque, come simbolo di legalità, non sono più stati utilizzati.
MC, le iniziali del boss Michele Crapula scritte sul muro della casa sequestrata ad Avola
Falcone diceva che i mafiosi vanno colpiti soprattutto nei loro “beni”, così ho cercato di fare appello al dovere etico e morale di non farli guadagnare nelle loro attività a cavallo fra il legale e l’illegale (come il caso del chiosco “Wakiki”, gestito dal figlio Christian, prima sequestrato e poi dissequestrato e per il quale ci sarà un processo o come l’agenzia di pompe funebri della figlia del boss Michele, Desirè Crapula. Proprio la figlia di Crapula, oggi sposata con Ciccio Giamblanco, ha rilevato un’ulteriore attività al Cimitero, espandendo la propria influenza in un settore, quello delle Agenzie funebri, da sempre in loco particolarmente appetito dalla criminalità organizzata).
Dalle minacce alla richiesta di ‘par condicio’
Durante la manifestazione, un familiare del Crapula faceva “capolino” davanti alla scuola. E, nel pomeriggio, un ragazzo si recava nel plesso scolastico per intimare al personale scolastico di consegnare il video della conferenza, l’episodio precedeva di poche ore pesanti minacce di morte da me ricevute (ed ovviamente denunciate alle autorità competenti), da un soggetto legato ad ambienti criminali cittadini e già responsabile di diversi reati, fra i quali un tentato omicidio.
Come se ciò non bastasse, tre giorni dopo, va in scena l’incredibile richiesta della “par condicio fra mafia ed antimafia”. Con una missiva alla Scuola, infatti, i familiari del boss Michele Crapula chiedevano, oltre alla consegna del video con tutti i partecipanti (nel quale sono chiari i volti dei ragazzi, n.b.), l’organizzazione di una conferenza alla quale potessero partecipare gli stessi congiunti del capomafia, per esercitare il “diritto di replica” e spiegare, magari, le ragioni per cui “il loro caro” delinque.
La villa di Avola confiscata al boss Michele Crapula e distrutta subito dopo
Benissimo ha fatto la Scuola a non cedere, perché in una Terra dove i simboli sono tutto, questa è l’ennesima dimostrazione di come “parlare e denunciare” costituisca la possibilità migliore per inchiodare i malacarne alle proprie responsabilità. La strada è costruire una coscienza che replichi quotidianamente alle violenze della malavita e che prenda le distanze da ogni atto intimidatorio. La Scuola, l’oratorio, le famiglie, sono i veicoli che devono aiutare quotidianamente lo Stato, forze dell’ordine e magistratura, a creare il terreno in cui isolare chi delinque e rovina i territori.
Ed i ragazzi di quella scuola quella mattina lo hanno urlato forte: “Avola siamo noi, non Crapula!”. Ed è questo che a loro fa male, molto male…
di Paolo Borrometi