Attilio Romanò, colpevole di niente

Nel gennaio del 2005 la temperatura è sotto allo zero ma a Napoli fa caldissimo. La camorra ha ripreso a sparare, siamo all’apice di un biennio che porterà quasi 70 morti. Si è aperta una faglia nella organizzazione criminale: i Di Lauro hanno giurato morte agli Scissionisti, che hanno abbandonato il clan per formarne uno nuovo. Sono anche detti “spagnoli”, perché in molti, per evitare ritorsioni, si sono rifugiati in Spagna.
Per la storiografia criminale è la Prima Faida di Scampia e andrà avanti dal novembre 2014 fino al settembre dell’anno dopo.
A muovere le fila del conflitto sono soprattutto Cosimo e Marco Di Lauro, che hanno stilato una lunga lista di nomi da eliminare. Tra questi c’è quello di Rosario Pariante, passato dalla parte di Raffaele Amato. Per punirlo decidono di fargli fuori il nipote, Salvatore Luise, titolare di un negozio di telefonia in Via Napoli, a Capodimonte, poco lontano da Scampia.
Il 24 gennaio però, al negozio, è il turno di Attilio Romanò. 29 anni, una moglie, nessun rapporto con la criminalità organizzata.
È l’ora di pranzo quando un motorino si ferma davanti al centro Wind. I sicari non hanno foto e non conoscono chi devono sparare. Salvatore Luise è solo un nome da sbarrare nella lista. È una cifra, un numero.
Quando Mario Buono entra nel negozio non sa che dietro il bancone c’è Attilio Romanò e non il nipote del boss. L’impiegato si alza, saluta il cliente. Tre colpi bruciapelo, rivolti al capo. Il quarto gli entra sulla spalla. Il killer scappa, scompare tra la folla che si è riversata all’ingresso dell’attività.
Sono venti persone, quaranta occhi che hanno visto in faccia il killer, quaranta orecchie che hanno sentito gli spari. Nessuno ricorderà niente.
Mario Buono, il killer, all’epoca del delitto aveva appena vent’anni. Nel 2012 è stato condannato all’ergastolo insieme a Marco Di Lauro, latitante dal 2004.
Attilio Romanò era innocente e di faide, scontri e tradimenti non ne sapeva nulla. Accanto alla lista di quelli da eliminare, stilata dai Di Lauro, ci resta anche un altro elenco. È lunghissimo anche se fatto di appena tre nomi. Sono le vittime di errori, di scambi di persona, di coincidenze fatali. E insieme ad Attilio Romanò, tra il 2004 e il 2005, furono ammazzati anche Dario Scherillo, 26 anni, e Antonio Landieri, 25. Colpevoli soltanto di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

di Lamberto Rinaldi

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