Tra Francia e Germania c’è il Mediterraneo

Frau Merkel trionfa nella Saar, l’Emilia-Romagna della Germania, la tradizionale roccaforte della Spd, i socialdemocratici tedeschi. Stravince con oltre il 40%, mentre i suoi diretti avversari si attestano attorno a uno stentato 30%. Soprattutto perde sonoramente Martin Schulz, lo sfidante della Merkel alla Cancelleria nelle elezioni politiche del prossimo settembre. Solo un grande scandalo o fatti drammatici – entrambi al momento remoti – potrebbero rimettere in discussione tale tendenza elettorale. Mettiamo ora questo risultato in connessione con quello ottenuto da Macron in Francia e abbiamo subito un lampo di luce che illumina tutto il vasto spazio politico europeo. Anche perché Merkel e Macron si stanno ufficialmente incontrando proprio in questi giorni, e Angela può porsi davanti al suo collega insediata sul quel granitico trono teutonico fatto di potenza economica e stabilità politica. Non esattamente la stessa cosa può vantare il francese, nonostante la sua smagliante e ancora fresca ascesa all’Eliseo. Il suo raggruppamento “En Marche!” – a differenza della Cdu della Merkel – è una sigla senza alcuna storia alle spalle, senza un’organizzazione diffusa sul vasto territorio gallico, senza una classe politica, quadri intermedi e una base sociale di riferimento. Tra l’11 e il 18 giugno prossimo ci sono in Francia le elezioni legislative, quelle che devono eleggere il Parlamento della Repubblica. È questa la prova che aspetta Macron per misurare davvero quanti parlamentari – che facciano capo direttamente a lui – riesce a insediare. Questo per non essere condizionato dai vecchi schieramenti – nazionalisti, repubblicani, socialisti, sinistra sociale diffusa – che pur battuti alle presidenziali, conservano il loro storico radicamento istituzionale nelle città e nelle regioni. Solo un Presidente con un Parlamento e un Governo efficiente saldamente nelle sue mani può davvero bilanciare il peso preponderante della Germania e rimettere il continente sui cardini di quello storico asse franco-tedesco su cui l’Europa si è prima costituita e poi è entrata in crisi al suo progressivo dissolvimento di fatto. Altrimenti Angela Merkel e il suo super ministro delle finanze Wolfgang Schäubel continueranno a menare l’allemanda al ritmo di danza dei loro interessi geo-economici.

L’Italia sembra tagliata completamente fuori dalla possibilità di giocare un qualche ruolo all’interno della ridefinizione dell’Europa che Macron ha proclamato di volere avviare la sera stessa che è stato eletto. Non potendo ora qui soffermarci sulla situazione economica, soffermiamoci soltanto su quella politica. Non abbiamo al momento alcuna legge elettorale legalmente valida che ci consenta: primo, di andare alle elezioni; secondo, di ottenere un risultato alla francese o alla tedesca. I contatti – ai fini di una nuova legge – tra i partiti maggiori si presentano spinosi, con proposte bizantine, che sembrano fatte apposta più per allontanare che per avvicinare un accordo. Da quando Renzi è stato rieletto segretario del Pd, sembra aver messo il silenziatore a Gentiloni, e parlare lui come vero Presidente del Consiglio in carica. Se un qualsiasi – e realisticamente sempre incombente incidente politico o istituzionale – mettesse in crisi l’attuale governo, attraverso quale straccionesca uscita elettorale chiederà credibilmente un futuro capo italiano di giocare un ruolo nella ridefinizione di quell’asse?

Non solo, però, i problemi economici squassano dalle fondamenta il sottosuolo d’Europa ma anche alcuni drammaticamente epocali. Quello che appare come il maggiormente pressante è quello dell’immigrazione. I flussi dall’Africa verso l’Europa – ossia in primo luogo sulle sponde meridionali italiane – aumentano e con essi il carico di morti e di complessità sociali di ardua soluzione. Se la Merkel ha vinto questo ultimo turno amministrativo è anche perché in quella loro regione i socialdemocratici non hanno saputo governare proprio il nodo dell’immigrazione. Il loro consolidato elettorato storico li ha disconosciuti nel loro ruolo di mediazione e soluzione dei problemi sociali più scottanti. Ricordiamoci che anche la Merkel, però, fu a suo tempo elettoralmente punita sullo stesso tema. Ecco che la ricerca di una soluzione di maggiore profondità, che scenda giù nelle viscere cavernose del problema si impone. Così, se da una parte la Germania sta tamponando l’immigrazione che passa via terra per i Balcani attraverso un faticoso e anche odioso accordo con la Turchia, il fronte mediterraneo aumenta ad ogni nuova quotidiana alba sul mare la sua atroce tragicità. Ecco, dunque, che la discesa al sottosuolo non può che passare per l’Italia.

Il ministro degli interni italiano Marco Minniti e quello tedesco Thomas de Maiziére hanno indirizzato una loro lettera alla Commissione Europea: “I primi mesi di quest’anno – scrivono – mostrano che le misure finora adottate non bastano”. Anche perché molti stati europei continuano a rifiutare di accogliere le quote di profughi stabilite. Proprio tre giorni fa non è passata –l al Comitato delle Regioni di Bruxelles – la proposta italiana di condizionare la concessione di fondi europei al rispetto dei diritti umani e all’accoglienza dei migranti. I due ministri si spingono così a chiedere un grande e serio impegno europeo per una missione in Africa che sia in grado di stabilire un equilibrio ai confini meridionali della Libia, vera cruenta linea di speculazione, violazione e violenza sulla pelle della massa migrante dalle regioni nigeriane e ancora più giù.

Solo su questo tragico versante – tanto esterno quanto intimamente interno al continente – l’Italia realisticamente, strategicamente può e deve giocare, insieme principalmente a Francia e Germania, il ruolo decisivo che le è assegnato dalla geografia e dalla necessità storica. A fronte di questo, invece, abbiamo un fragore volgare, clownesco di maggioranza e opposizione che è inversamente proporzionale alla loro reale capacità di saper guardare e dominare gli eventi. Nessun assetto di presente e futuro governo nazionale che si discosti da questo principale compito mediterraneo-europeo può autenticamente avere alcun senso.

di Riccardo Tavani

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