Calo degli sbarchi, ma a che prezzo?
É un accordo che si porta dietro una zavorra pesantissima quello siglato tra il Governo italiano e il Governo di Riconciliazione Nazionale libico presieduto da Al Serraj. Una specie di patto col diavolo. Gli sbarchi si dimezzano ma la percentuale dei morti in mare aumenta. È aumentano anche le atrocità che devono subire i migranti che rimangono bloccati in Libia.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, considerando il periodo dal 1 gennaio al 10 ottobre, il numero di persone arrivate attraverso il Mediterraneo è passato dai 334mila del 2016 a 139mila di quest’anno. A fronte di questo calo, però, si registra un aumento della percentuale dei morti in mare: dal 1,2% al 2%. Questo dato potrebbe riflettere sia l’uso di imbarcazioni sempre meno sicure, sia le condizioni più difficili in cui devono operare le Ong nella loro attività di salvataggio.
Poi, c’è l’altra realtà, quella di coloro che non riescono a partire. La situazione più drammatica è in Libia che è diventato un enorme collo di bottiglia dove vanno a sbattere i sogni di migliaia di persone. I 30 centri di detenzione gestiti dal governo di Tripoli contengono dalle 6mila alle 15mila persone. Ma altre centinaia di migliaia sono detenuti in centri sotto il controllo delle milizie armate e dei trafficanti.
Secondo i dati diffusi dall’associazione Medici per i Diritti Umani (MEDU) l’85% dei migranti giunti in Italia dalla Libia negli ultimi quattro anni ha subito torture. Le testimonianze raccolte parlano di crudeltà di ogni tipo, percosse, stupri, deprivazioni di cibo. Un vero e proprio inferno dove i diritti umani semplicemente non esistono.
Di fronte a questa condizione, Medici per i Diritti Umani chiede una risposta concreta dell’Unione Europea e della comunità internazionale. É necessaria la creazione di centri di accoglienza che ripristinino un quadro di legalità sotto il controllo e la gestione di agenzie ufficiali, come Oim o Unhcr.
La determinazione politica con cui si sono voluti fermare gli sbarchi non si vede sul fronte delle condizioni dei migranti. Anzi, nonostante la sentenza della Corte di giustizia europea del 6 settembre, che ha respinto le richieste di Slovacchia e Ungheria di essere esonerate dallo schema di ricollocazione dei migranti, ad oggi solo circa un quarto dei richiedenti asilo arrivati in Grecia e in Italia sono stati ricollocati negli altri paesi membri. L’unico stato ad aver soddisfatto la quota prefissata è Malta. Con alcune eccezioni, la maggior parte dei paesi ha deciso di voltare la faccia dall’altra parte.
di Pierfrancesco Zinilli