Daphne Caruana Galizia: a due mesi dalla morte 10 arresti e nessuna voglia di scoprire la verità

Sono passati due mesi da quando l’auto della blogger maltese, Daphne Caruana Galizia,  esplosa in aria mettendo a tacere una delle migliori giornaliste del Paese. Caruana Galizia aveva scritto del presunto giro di tangenti in cui sarebbero finiti il primo ministro maltese,  Joseph Muscat, si presume anche la moglie Michelle, il suo capo staff, Kate Schembri e il ministro del Turismo, Konrad Mizzi. Un enorme traffico di denaro che passerebbe dalla piccola Malta fino al l’Azerbaigian e ben oltre, coinvolgendo mafie di mezzo mondo,  comprese quelle italiane. Tanti nemici che hanno chiuso per sempre la bocca di Daphne e un boom economico basato su fondi neri del riciclaggio.

“Questi sono i tempi migliori” ha decretato il premier Muscat. Malta è ormai un paradiso fiscale, un vaso di Pandora da cui tutti possono trarre vantaggio e nessuno deve in alcun modo mettere fine a questo idilliaco stato di cose. Nemici degli investimenti, delle belle spiagge, del sole e della presunta spensieratezza dell’Isola sono tre grandi raccolte di documenti: Panama papers,  Malta files e Paradise papers. E fino al 16 ottobre anche Daphne Caruana Galizia.

A distanza di mesi dal tragico evento sono stati fermati 10 pregiudicati: tra questi ci sono i fratelli i fratelli Degiorgio, George e Alfred,  noti criminali ritenuti gli esecutori materiali dell’omicidio. Per portare a termine l’arresto sono stati ingaggiati ben 40 corpi speciali,  cani segugio e agenti segreti, con al seguito una motovedetta della Marina Militare e la raccomandazione di “rimanere tutti in casa”. Sono stati coinvolti persino ll’FB, l’Europol e la polizia finlandese. Arresti plateali quasi quanto la morte della giornalista, in una logica in cui tutti hanno ruoli ben precisi e sospetti da espiare. Il primo ministro si è vantato della buona riuscita dell’operazione, ma Matthew Caruana Galizia, figlio di Daphne nonchè giornalista da premio Pulitzer, ha dichiarato di aver appreso la notizia solo dalla conferenza stampa.

Il “Guardian” di recente ha pubblicato un resoconto di alcuni funzionari ripartiti da Malta i primi di dicembre, tornati “ancora più turbati” di quando approdarono sull’Isola, poco dopo la morte di Caruana Galizia. Hanno parlato di “omertà e imperizia”, di “funzionari che non rispondono alle domande e disertano gli appuntamenti” e cosa ancora più grave di forze della polizia e un procuratore generale che hanno mostrato “un alto grado di riluttanza a investigare e un fallimento nel perseguire piste come corruzione e riciclaggio di denaro”.

Un quadro a dir poco inquietante, ben peggiore se si pensa che a seguito della morte della giornalista la famiglia ha chiesto di affidare il processo a un giudice che non avesse querelato per diffamazione Caruana Galizia: la palla è stata quindi passata un magistrato sposato con un ministro di quello che Daphne denunciava essere un esecutivo molto corrotto. Oppure potremmo riflettere sul fatto che l’opposizione nazionalista si è vantata di aver scelto un nuovo leader con noti precedenti per evasione fiscale. Ma chi siamo noi per giudicare visto che per salvarci da un condannato per frode fiscale è dovuta intervenire l’alta Corte di Strasburgo?

A volere la verità per Daphne c’è giusto un gruppo di mezza età sulla rete e il vescovo di Malta che per la prima volta ha espresso parole durissime contro il sistema di corruzione del Paese.

C’è chi ha definito Dafne “unlucky”, sfortunata,  perché quella bomba non avrebbe dovuto ammazzarla ma solo spaventarla. Così come il tentativo di dar fuoco alla sua casa di 11 anni prima, l’incendio della sua auto nel 2006 e l’arresto nel 2013. La negligenza nei confronti di Daphne Caruana Galizia è iniziata tanti anni prima della sua morte, è proseguita nell’ignorare le denunce che la donna aveva presentato un paio di settimane prima dell’omicidio e continua adesso senza ostacoli. Aveva ragione Daphne quando scriveva: “Ci sono ci corrotti ovunque guardi.  La situazione è disperata”.
di Irene Tinero
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