Le legioni perdute

Era il 9 d.C. tre legioni romane, tra le migliori dell’impero. Al comando del generale Publio Quintilio Varo, si addentrarono nella fitta foresta di Teutoburgo. Dovevano sedare una rivolta dei germanici ma da qui sparirono. A Roma Augusto imprecava “Vare, redde mihi legiones”, “Varo, Varo rendimi le mie legioni”.

Questo è un fatto. Uno di quei fatti che accadono, ma che non immagini mai possano accadere ai più forti.

Questo è un fatto cruento. Una battaglia. Questo è un fatto di guerra e tradimento. Uno di quei fatti che possono alterare il corso della storia. Territorio teutonico. 16 d.C. oltre il fiume Reno, il fiume che segnava il confine del grande impero romano, una pattuglia di esploratori delle gloriose legioni di Germanico procede lentamente nella fitta foresta di Teutoburgo. Cosa cercano? Perché’ quei soldati si ostinano a penetrare in un territorio tanto ostile. In quella foresta tre legioni, la XVII la XVIII e la XIX vi sparirono.  Tre legioni d’elite dell’impero, al comando di Publio Quintilio Varo generale dell’imperatore Augusto. Tre legioni entrarono in quella fitta selva e non ne uscirono più.
Dal racconto di un soldato romano “… sono un esploratore, sono un legionario, uno di quelli abituati a vedere per primo il nemico. Sentire la sua voce, il suo odore e allo stesso tempo studiare i suoi movimenti. Mi chiamo Sertorius, sapevo che quel giorno sarebbe stato diverso. Ci ordinarono di entrare nella fitta selva alla ricerca di un qualcosa. Non ci dissero cosa. Si camminava  a stento, nella penombra l’intenso odore del bosco penetrava le narici e la nebbia, talmente fitta da diventare acqua. Nel bosco c’era un silenzio soprannaturale, un silenzio strano. Nessun rumore, non sembrava essere in una selva, sembrava l’anticamera dell’inferno. Quel giorno, io, Sertorius, trovai quello che non ci dissero. Quel giorno ho pianto. Non riuscivo a far altro che piangere, la voce era smorzata in gola. Mi usci solo un grido di dolore. Di colpo gli altri furono vicini a me…”.

II legionario aveva trovato quello che rimaneva dei soldati di Varo. Ossa sparse a vista d’occhio nella foresta. Davanti a lui un tappeto di morte. Iniziarono a dare sepoltura a quei resti, una sepoltura degna di Roma. Ma tanto era stata la ferocia della battaglia, che non si riusciva a distinguere tra chi era romano e chi era il nemico. Il rispetto per i morti li fece seppellire comunque, amico o nemico esso sia stato. Venne trovato lo scheletro del generale Varo, senza testa. Quella fu fatta recapitare ad Augusto dopo la battaglia, smorzando ad Augusto l’ultima speranza. Ora Roma poteva piangere i suoi morti. Nell’urbe tornarono le insegne delle Legioni e con esse si annullarono i progetti di espansione dell’impero.

Ma come può essere che il migliore esercito del mondo abbia subito questa terrificante sconfitta? Travolti e massacrati da un altro esercito che difficilmente poteva chiamarsi tale? Perché i migliori strateghi e ufficiali di tante campagne vittoriose non si sono resi conto che lì era tutto diverso? I germanici avevano capito che una difesa passiva era la migliore cosa. Iniziarono la resistenza. Una novità per le legioni di Roma abituate a scontri aperti. E forse i soldati romani non comprendevano il pericolo maggiore. La foresta di Teutoburgo.

Dopo questa battaglia, ci racconta Svetonio, Augusto non si tagliò per mesi nè barba nè capelli in segno di lutto. Capì che era ormai giunto il momento di stabilizzare i confini.

di  Antonella Virgilio