Mimanca: sii il vino che inebria, la tua presenza è con me
E’ la voce della terra. L’azione mitigatrice dei laghi di Albano e Nemi, è il mormorio dell’intimo
Il vino dei Castelli Romani ha origini antichissime, da sempre forniva Roma enologicamente. Ancora oggi possiamo dire che le cantine di Roma sono i Castelli Romani.
I terreni vulcanici, collinari, ricchi di sali, potassio e fosforo, con un clima ideale favorito dall’azione mitigatrice dei laghi di Albano e Nemi, risvegliano la voglia di raspare la terra, la voglia di scavarsi dentro, il tubare, caro ai contadini innamorati.
L’uva autoctona è il Bellone, mentre le uve più usate sono le Malvasie e i Trebbiani che nelle cantine si mescolano in divine nudità. Mimanca è il suo nome, nasce dal cuore, il chiaro di luna è il suo colore, fragrante, leggermente aromatico,dai profumi morbidi come il muschio bianco,le pesche settembrine e i sorbi in fiore.
La semplicità e la finezza lo distinguono dagli altri vini: essere vento che muove le spighe. Ogni qualvolta che vado contro il sole, verso i Castelli, penso agli uomini e alle donne che vivono nei grandi centri e che nutrono il sentimento del Mimanca;
il tuo cielo nelle fragranze, sulla lingua il sapore del tempo, la campagna, il verde dei prati, gli odori dei boschi e poi…
… poi il silenzio di una quercia vicino a una chiesa isolata, il parlare fitto e a lungo,
per poi abbracciarsi prima che la sera torni d’argento.
Viceversa nelle genti dei paesi, il Mimanca, quest’ansia senza nome:
i monumenti, i palazzi che ospitano mostre eccezionali, librerie su due piani,
vie commerciali dove passeggiare a mezzanotte
gridando alla luna con angoscia d’insonne.
Immagginamitù.
Così liberi nella terra indolente, ad ognuno di noi manca qualcosa, ma se riusciamo
a sentirci leggeri, in buona compagnia a degustare il Mimanca
al fresco silenzio errante dell’ombra, proprio in quel momento
avremo una sensazione di possedere tutto
aggiungendo vita alla vita come nella poesia.
di Fabrizio Lilli