ARA PACIS AUGUSTAE

“Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia … compiute felicemente le imprese in quelle provincie, il Senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare l’ara della Pace Augusta presso il Campo Marzio e dispose che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero un sacrificio annuale”

(Res gestae divi Augusti 12,2).

Questo altare doveva essere il simbolo della politica di Augusto, doveva celebrare, la politica della pace Augusta. Per volontà del Senato Romano, nel 13 a.C. si diede il via ai lavori. Lavori che richiesero tre anni e mezzo di tempo per il completamento. L’ubicazione fu trovata presso Campo Marzio. L’altare è un grosso parallelepipedo, con due fronti di 11,63 metri e due lati di 10,63 metri. Al centro dei lati più corti, ci sono due aperture che danno accesso all’altare vero sul quale si compivano i sacrifici.

L’Ara Pacis rappresenta una delle più alte espressioni dell’arte Augustea. È un’opera dai profondi rimandi simbolici, che acquistano significato nel quadro del passaggio storico dalla Repubblica al nuovo assetto Imperiale.

Essa sorgeva lungo la via Flaminia. Senza copertura. Allo stesso modo del tempio di Giano, situato a sud di Roma, legato alla simbologia del passaggio guerra-pace. L’Ara Pacis, che rivolgeva a occidente la sua apertura principale, era in rapporto simbolico con l’Horologium, il cui gnomone, l’obelisco di Psammetico II oggi in piazza Montecitorio, recava sulla base una dedica di Augusto al Sole. Proiettando la sua ombra, l’obelisco segnava le ore del giorno sopra una proiezione in piano dell’emisfero celeste, raffigurata con strisce di bronzo sull’amplissima platea lastricata che si apriva davanti all’Ara. Il 23 settembre, giorno natale di Augusto, l’ombra si proiettava lungo al linea equinoziale dell’orologio, puntando e prolungandosi fino al centro dell’Ara Pacis. Il suo ritrovamento si è svolto nell’arco di quattro secoli, dal 1568 ad oggi. Blocco dopo blocco. Fregio dopo fregio. Sotto il fascismo, nel 1937, nuove tecniche di scavo senza creare crolli portarono alla luce ciò che completava questo straordinario parallelepipedo. Si congelò il terreno, perché vi era presente una falda d’acqua e si scavo senza pericoli seri di crolli. Ma il tempo a disposizione per la realizzazione dell’intervento era limitato. L’anno seguente si sarebbero celebrati i duemila anni della nascita di Augusto e in tale occasione Mussolini intendeva inaugurare il monumento alla pace. Il padiglione veniva ultimato a settembre 1938.

Durante la guerra, l’Ara, fu protetta da centinaia di sacchetti di sabbia, per evitare che le esplosioni delle bombe lo danneggiassero e la teca di vetro che la circondava fu smontata e riportata alla fabbrica che l’aveva costruita, nel quartiere tiburtino. Ironia della sorte, qui, venne distrutta dai bombardamenti. Oggi rivive il suo splendore. L’architetto Meier, ha dato il giusto risalto storico, inserendo il complesso, nell’urbanistica odierna di Roma. Non poche le critiche, nel corso di realizzazione, ma alla fine anche gli scettici si sono dovuti ricredere. Un particolare, all’insaputa di Mussolini, i suoi gerarchi avevano stabilito che la tomba del Duce doveva essere proprio li, all’Ara Pacis.

di Fabio Scatolini