Tentato assalto alla Banca d’Italia. Per il P.m. é reato impossibile: scarcerato l’arrestato

Ai primi albori del giorno di Pasqua, scavalca la recinzione e cerca di demolire a pugni e calci il portone d’ingresso, nel tentativo di rubare l’oro custodito nel bunker della sede storica della Banca d’Italia di via Nazionale.

Il pubblico ministero chiederà l’archiviazione.

Il giovane colombiano Torres Soban Sebastian Chabarro, intraprendente come Arsenio Lupin, ma imbranato come il più maldestro ladro galline, sperando oltre ogni ragionevole previsione, di eludere la sicurezza, tenta di realizzare il colpo del secolo, coltivando l’ambizioso e temerario disegno di svaligiare l’oro custodito nel bunker della città capitolina. Ma il suo sogno glorioso viene prontamente interrotto.
Audace quanto incosciente, scavalca la recinzione dirigendosi verso il portone d’ingresso, pretendendo di abbatterlo con pugni e calci. Quella forza priva di continenza ed espressione di una determinazione utopica, è stata fermata dai carabinieri di pattuglia, prontamente intervenuti ammanettando il soggetto nel suo goffo e vano tentativo di fuga.

Il Pubblico Ministero Carlo Villani ha ritenuto di non convalidare l’arresto per tentato furto, rimettendo in libertà il colombiano.
Queste le valutazioni che hanno indotto il P.M. a tale definizione: l’impresa di Chabarro rasenta l’assurdo. Più esattamente, nel linguaggio gergale configura quello che viene etichettato come «reato impossibile», in quanto scaturente da un’azione strutturalmente inidonea ad inglobare in se’ una effettiva quanto necessaria carica lesiva.
Perché è impensabile tirare giù con mani e piedi un portone impenetrabile alle armi, benché non sguarniti di coraggio. E con questa motivazione il pm si è determinato a richiedere l’archiviazione del caso.

Per reato impossibile si intende appunto la fattispecie criminosa che non è giuridicamente possibile compiere, rientrando nella categoria del tentativo inidoneo, il quale nello scrutinio operato dal giudice, neutralizzerebbe la necessaria offensività richiesta in concreto ai fini dell’integrazione del fatto – reato e dunque della perseguibilità dello stesso.

Il caso ha offerto spunti di riflessioni per chi ancora discute sulla tematica della “dannosità sociale”, ancorando al reato l’idea della “stretta necessità” della tutela penale, in funzione della sussidiarietà, dell’ultima ratio e pertanto della restrizione garantista dell’area penalmente rilevante; e chi d’altro canto non può non soffermarsi sul disvalore di alcuni contegni in funzione di una dimensione legittimista del bene giuridico, opposta a quella limitatrice e garantista, nella misura in cui si traduca anche solo nella messa in pericolo dell’interesse tutelato, in quanto espressione di una condizione individuale sintomatica di una particolare pericolosità sociale.

Avvocato Antonella Virgilio

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