Nella notte la guerra. Gioco di equilibri politici sul campo.

Aprile, 13 2018. E’ notte. In Italia sono le 3. Possiamo immaginare che siano stati molti i contatti tra le nazioni del mondo interessate dalla predisposizione dell’attacco alla Siria. Inizialmente da parte americana si dichiara che la Russia sia ignara dell’attacco, poi, da parte francese, si afferma che l’informazione a Putin sia stata data. In ogni caso il 45° presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dichiara di aver dato l’ordine di bombardare, con la collaborazione di Francia e Gran Bretagna, tre siti in Siria, a Damasco e Homs.

Il risultato di distruggere siti in cui erano presenti armi chimiche è raggiunto.

Il risultato di destabilizzare, un’altra volta, l’equilibrio tra le potenze mondiali è, forse, raggiunto …

Si susseguono le voci, molte sono le parole: Mosca dichiara che l’attacco non resterà senza conseguenze, la Turchia dichiara che  sia appropriata l’azione, Erdogan plaude … Washington, Londra e Parigi che parlano di prove esistenti contro il presidente Assad di attacchi condotti con armi chimiche, il 7 aprile, contro la popolazione civile. Si parla di sofferenze procurate a bambini, a civili, a Duma. Mosca accusa la Gran Bretagna di aver creato un falso scenario per l’attacco.

Il resto del mondo osserva e, in realtà, come sempre, non sa e non capisce.

Non è infatti mai possibile riuscire a comprendere quale sia il confine tra il vero e la propaganda e, per quanto ci si possa sforzare di leggere tra le parole e i proclami di tutte le parti interessate dal WAR Game, non si può conoscere la verità.

Di evidente c’è l’interessante posizione geopolitica della Siria. Un territorio che fa gola a tutti, partecipanti e non del conflitto.

La Siria è a due passi da Israele, è sul mediterraneo, con Cipro a due bracciate. E’ un ennesimo ponte sul mediterraneo, strategico. Piace ai russi, piace agli americani, agli iraniani, ai turchi … e potremmo continuare.

La guerra nel frattempo somiglia fortemente a quella condotta contro  Saddam, con la stessa indicazione di base: distruzione delle armi chimiche.

Gli obiettivi colpiti in Siria pare non abbiano creato  morti, ma sono state distrutte le infrastrutture usate per creare quelle armi di cui si vuole impedire, dopo la seconda guerra mondiale, l’uso anche perché, una quantità minima di prodotto chimico, può creare devastazione e stragi.

La dichiarazione sull’uso di armi chimiche da parte di Assad non è stata fino a oggi seguita da prove mostrate. L’attacco sarebbe motivato dalla volontà di indicare al presidente siriano di astenersi  dall’uso di veleni e non dall’intenzione di liberarsi di Assad.

Sul territorio Siriano nel frattempo si muovono  forze americane,  forze arabe, la Russia (con le sue basi) in occidente, l’Iran.

Mosca, nonostante i ruggiti di protesta,  sembrerebbe in realtà non voler reagire se non colpita direttamente e si devono ancora comprendere come le forze si schiereranno nei prossimi giorni.

Perché il gioco delle parti, sul palcoscenico di questo teatro del mondo, è come sempre poco intellegibile a chi non è profondamente partecipe delle scelte in atto. L’attacco contro Assad mira a raggiungere, probabilmente, risultati molto più incisivi, rispetto alla sola distruzione delle basi, creando nuove alleanze e nuovi accordi. E il fine ultimo sarà più chiaro, forse, solo nel prossimo, immediato, futuro.

di Patrizia Vindigni

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