Migranti, Tunisia paese di passaggio? No. Lo dimostra l’ennesima tragedia del mare

Salvini o non Salvini, porti aperti o chiusi, nel Mediterraneo si continua a morire nel tentativo di migrare. L’ultima grande tragedia del mare è avvenuta al largo della Tunisia nella notte tra sabato 2 e domenica 3 giugno. Un barcone con a bordo circa 180 persone è affondato a cinque miglia nautiche dalle isole Kerkennah (sedici miglia dalla città di Sfax). I soccorritori sono riusciti a salvare – secondo i dati forniti dal ministero degli Interni di Tunisi – solo 68 persone, in gran parte di nazionalità tunisina, mentre le restanti 112 sono state recuperate senza vita dai flutti nei giorni seguenti.  Si dice spesso: i migranti africani non sono cittadini libici, algerini, marocchini o tunisini, ossia di quei paesi direttamente affacciati sul Mediterraneo, ma vengono dall’Africa subsahariana e per loro Tunisia e Libia sono solo tappe di passaggio dalle cui spiagge possono imbarcarsi pagando i trafficanti di esseri umani. In questo caso, tuttavia, la maggior parte delle persone tratte in salvo – e quindi, presumibilmente, anche la maggior parte di tutti i 180 saliti a bordo – erano proprio tunisini. E non è un caso. Sono molti i cittadini della nazione maghrebina che tentano di attraversare il Mediterraneo per sfuggire a fame e miseria, con le partenze che hanno avuto un picco lo scorso settembre. Ciò si deve alla forte disoccupazione, specialmente giovanile, che c’è nel paese.

Anche in Marocco spesso gli aspiranti migranti prendono d’assalto i varchi che proteggono le enclave spagnole di Ceuta e Melilla e sono disposti anche a farsi sparare dalla gendarmeria pur di entrare in Europa. Segno che i disperati vengono anche da quei paesi i cui litorali affolliamo con le nostre vacanze nei resort e villaggi turistici, e dove i nostri pensionati d’oro si trasferiscono per pagare meno tasse.

di Valerio Di Marco

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