Il femminicidio non fa più notizia, eppure continua a registrare vittime

Lidia abita in Sicilia, ha 46 anni, parla tre lingue ed è un interprete per sordomuti: ha due figli gemelli di 2 anni e 3 mesi e un mutuo da pagare. E’ sopravvissuta a un tentato omicidio e per l’occasione ha deciso di denunciare suo marito e tutte le violenze subite: dopo essersi rivolta alle autorità ha caricato una serie di foto su Facebook a testimonianza dei lividi, i graffi e il sangue che porta ancora addosso. Ha guadagnato ben 40 mila condivisioni. Eppure oggi si sente sola e pensa che il suo stesso coraggio l’abbia penalizzata. E’ al centro di un processo in corso ai danni del marito e non ha un lavoro, nonostante lo cerchi – “forse temono che io sia una piantagrane”, ha dichiarato in una recente intervista – e se continua così le toglieranno la casa. 

Una notte Lidia è lì che dorme accanto al marito, o meglio è stesa in una perenne dormiveglia: lui si alza, dice che ha bisogno di andare in bagno, ma una volta fuori dalla stanza tira dritto verso la cucina. Torna con una bistecchiera in ghisa. Un colpo. Due. Tre. Non contento, afferra una forbice e continua nel suo delirio. 

L’80 per cento delle violenze avviene tra le mura domestiche: in Italia, 1 donna su 3 ne è vittima. Nella maggior parte dei casi l’aggressore, se non l’assassino, è una persona molto vicina alla vittima. E’ un tipo di violenza trasversale, che coinvolge ogni strato della società: nelle famiglie più povere spesso l’aguzzino fa leva sulla mancata indipendenza economica della preda. Nessuno uomo lo voleva davvero, ma poi proprio non è riuscito a fermarsi;  troppe donne si nascondono dietro la scusa di un cambiamento che non avviene mai: “E’ pur sempre il padre dei miei figli”, dichiarano malconce. E allora ecco che la cronaca ci regala casi come quello di Noemi Durini, uccisa lo scorso 3 settembre a 16 anni dal fidanzato 17enne, o di Nicolina Pacini, vittima a 15 anni, dell’ex compagno della madre.  

Quasi 7 milioni di donne in Italia hanno subito una forma di abuso. Nel 2016 sono stati registrati 120 femminicidi, nel 2017 c’è stata una morte ogni tre giorni: negli ultimi 10 anni sono state registrate 1740 vittime e di queste 1251 (71,9 per cento) vivevano con il proprio assassino. Sono tre milioni e 466 mila le persone che hanno vissuto sulla propria pelle il reato di stalking: due milioni e 151 mila erano perseguitate dall’ex compagno e in generale il 78 per cento di loro non ha denunciato. 

La polizia di Stato ha messo a disposizione il Protocollo Eva, in onore della prima donna citata nella Bibbia o più semplicemente anagramma di “Esame Violenze Agite”: è un sistema di informazione che registra tracce di ogni caso di violenza, avvalendosi di una processing card. I poliziotti che intervengono annotano di volta in volta vari indizi che possono condurre, o meno, a mettere fine a una violenza. Messo a punto nel 2014, previa una modifica del codice penale nel 2013, questo sistema è stato esteso a tutto il Paese nel 2017: lo scorso anno ha reso possibile 4300 interventi che in 92 casi si sono conclusi con degli arresti. 

di Irene Tinero

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