I danni collaterali della comparsa dell’homo sapiens sul pianeta Terra

La storia del nostro pianeta, dagli albori della vita, è stata caratterizzata da cinque gravi catastrofi che hanno provocato un’estinzione di massa di specie animali e vegetali, e provocato così il tracollo della biodiversità. La natura, per garantire un adeguato livello di tale biodiversità e “riparare” i danni causati da tali estinzioni, ha sviluppato, nel corso dei millenni, meccanismi evolutivi in grado di regolare la densità di specie presenti sulla terra, andando così a colmare le lacune createsi. La comparsa, circa 300000 anni fa, di una nuova specie, denominata “Homo Sapiens”, ha completamente stravolto gli equilibri, dando vita alla sesta estinzione di massa della terra, attualmente in corso, con dei ritmi, però, fino a quel momento sconosciuti. Si stima che in “appena” 3000 secoli l’uomo abbia causato l’estinzione di oltre l’ottanta% delle specie animali e vegetali con un ritmo talmente serrato da rendere inutile il meccanismo selettivo dell’evoluzione, che non riesce a “reggere il passo”. Una forte impennata si è registrata con la rivoluzione industriale, con oltre trecento specie di vertebrati terrestri estinte e molte altre in via di estinzione, tanto che, si stima, per tornare ai livelli di biodiversità toccati prima dell’evoluzione dell’uomo moderno ci vorranno (nella migliore delle ipotesi, con un essere umano finalmente consapevole che abbia smesso di distruggere gli habitat naturali, riducendo così drasticamente il tasso di estinzione) tra i cinque e i sette milioni di anni. La comparsa dell’uomo, purtroppo, non ha influito negativamente solo sulla sopravvivenza delle specie, ma ha pesantemente interferito con l’evoluzione di quelle ancora presenti sulla terra. È il caso, ad esempio, degli elefanti. Da sempre oggetto di bracconaggio per le zanne, da cui si ricava l’avorio, questi animali sono stati vittime di un vero e proprio sterminio. Il risultato, secondo uno studio pubblicato su National Geographic, è che oggi più di un terzo della popolazione femminile africana presenta un’anomalia evolutiva: la totale assenza di zanne. Dato, questo, che in pochi anni è cresciuto in modo esponenziale, se si pensa che la percentuale ritenuta “normale” varia dal 2% al 4%, e che dimostra come l’uomo stia operando una vera e propria “selezione della specie”. Lasciati in vita perché non “interessanti”, a riprodursi sono maggiormente gli esemplari con questa “anomalia”, generando così a loro volta altri esemplari senza zanne, e dando vita a una nuova varietà che, nel tempo, se non saranno presi seri provvedimenti, andrà a sostituire quella “originale” (basti pensare che la gestazione nell’elefante dura 21/22 mesi e che una femmina, nell’arco della vita, da alla luce in media dai cinque ai dodici piccoli per capire quanto sia difficile rimediare). Inutile dire quali ripercussioni questo possa avere sulle abitudini di tali animali (che sfruttano le zanne per procurarsi cibo e sopravvivere) e, di conseguenza, sull’ambiente e sull’ecosistema. L’uomo, l’animale che fra tutti dovrebbe essere il meno invasivo sugli equilibri naturali poiché dotato d’intelletto, si sta rivelando essere il più nocivo tra tutti, quello che più di tutti inciderà negativamente e irrimediabilmente sulla salute e sull’integrità del nostro pianeta.

di Leandra Gallinella