Il pozzo dei penitenti
Su di un pianoro posto in altura si erge, da secoli, un gioiello del panorama artistico italiano: la città di Orvieto. Oltre al ben noto Duomo della città, l’abitato ospita diverse altre attrazioni culturali, tra cui si può annoverare il pozzo di San Patrizio.
Questo capolavoro di ingegneria fu fortemente voluto da papa Clemente VII, della famiglia De’ Medici, che fuggì da Roma nel 1527, quando nell’Urbe imperversavano le violenze e i saccheggi operati dai lanzichenecchi ispanici e teutonici al comando dell’imperatore asburgico Carlo V.
Il pontefice, asserragliatosi in Orvieto, decise la realizzazione di un opera che garantisse l’approvvigionamento idrico anche in caso di assedio prolungato e affidò la progettazione ad Antonio da Sangallo il Giovane, architetto e figlio d’arte, che in quegli anni riuscì a ritagliarsi un ruolo di prestigio nell’ambito della corte papale.
L’opera è profonda circa 50 metri e consta di 70 finestrini che illuminano ciascun livello.
L’ingegnoso progetto del Sangallo prevedeva non una, ma due rampe gradinate elicoidali: una, con 248 scalini, per scendere nel pozzo, l’altra per risalire. In tal modo, chi scendeva per prendere l’acqua, non incrociava il cammino di chi risaliva.
Per evidenziare la spettacolarità dell’opera, all’esterno della costruzione è posta in epigrafe in latino: QVOD NATURA MVNIMENTO INVIDERAT INDVSTRIA ADIECIT, ossia “ciò che la natura non ha dato lo procurò il lavoro dell’uomo. Ci riferisce ovviamente all’acqua, in questo caso.
Il nome è legato a San Patrizio, patrono dell’Irlanda. L’associazione al santo è legato alla somiglianza del pozzo con la grotta di San Patrizio che si trova in Irlanda. La leggenda vuole che Gesù abbia indicato a Patrizio una grotto in cui egli avrebbe potuto mostrare le sofferenze degli inferi ai peccatori che giungevano nel posto, una volta che essi avessero raggiunto le profondità della grotta. La discesa avrebbe avuto un significato di espiazione dei propri peccati. Ugualmente, il pozzo di Orvieto, assunse a tale scopo e fu frequentato anche da quanti volevano rimediare ai propri peccati. Scendendo e risalendo le scale si sarebbe “mimata” la discesa agli inferi e la conseguente risalita al mondo terreno, una volta espiati i peccati. La forma a spirale delle scale di accesso dava l’impressione che si entrasse nei gironi infernali.
Oggi è un luogo meta di turismo e tutt’al più vi sarà chi vi getta una monetina, in conformità alla più popolare delle tradizioni legate a luoghi che ospitano specchi d’acqua.
di Fabio Scatolini