In Spagna, l’assurdo: se la vittima di uno stupro è incosciente, non c’è violenza
L’hanno violentata a turno, in cinque. La ragazza, 14 anni, era stordita da droghe e alcol. Quindi, secondo il tribunale di Barcellona non è stato uno stupro, ma solo un abuso sessuale, seppur continuato, perché la giovane, in stato di incoscienza, non ha opposto resistenza, e non è stata né picchiata né minacciata. Il tribunale di Barcellona ha applicato la legge attualmente in vigore, che prevede condanne da 15 a 20 anni per violenza sessuale, ma il reato viene riconosciuto solo se la vittima viene costretta con la forza o minacciata a subire l’atto sessuale. Lo stato di incoscienza – che molti Stati considerano un’aggravante in quanto l’aggressore approfitta di una persona in condizione di massima fragilità – diventa invece così un motivo per configurare un semplice abuso, punito, in questo caso, con condanne tra i 10 e i 12 anni.
Tutto accadde nel 2016, durante una festa di Halloween organizzata in una fabbrica abbandonata di Torre d’en Vinyes de Manresa (Barcellona), la giovane stordita da alcol e droghe, che forse le erano state somministrate a sua insaputa, seguì un giovane in un edificio appartato in cui l’attendevano altri uomini.
Il branco di cinque ragazzi, abusò a turno della minore. Dopo averla violentata, il primo giovane invitò gli altri a fare lo stesso, dicendo loro: «Ora tocca a te, ma 15 minuti, non di più».
Ebbene, nella sentenza del 31 ottobre scorso, il giudice ha condannato con pene che vanno dai 10 ai 12 anni il gruppo con la seguente motivazione: “La vittima aveva fatto uso di alcol e droghe, quindi era incosciente e di conseguenza non sapeva neanche cosa stesse facendo”. Fu il suo stato dunque, secondo il giudice, a permettere ai condannati di agire “senza necessità di usare alcun tipo di violenza o intimidazione”, non le loro intenzioni criminali di violentarla. La sentenza, la seconda di questo genere in Spagna – dopo il caso noto alle cronache come la Manada: la banda di Pamplona che durante la festa di San Firmino aveva violentato un’altra minorenne, condannata solo in terzo grado per il reato di violenza carnale – riapre il dibattito nel Paese sulla modifica del Codice Penale. “C’è bisogno di chiarire i tipi di reato, riscrivendo in modo più comprensibile il Codice, perché è questo a generare confusione”, risponde al quotidiano El Mundo la presidente del Tribunale di Navarra, Esther Erice, che spiega: “Prima del 1995 un reato come questo di Manresa sarebbe stato classificato come violenza. Oltretutto – chiarisce – in questo caso ci sono tre aggravanti: penetrazione, violenza di gruppo e il fatto che la giovane fosse minorenne”. “Non c’è storia – sostiene Erice – senza consenso, è aggressione sessuale. Da qui, si può graduare la pena. Ma la base deve restare l’aggressione sessuale”. Eppure, non è così che ha disposto questo tribunale spagnolo per la seconda volta in due anni, nonostante la vittima in questione avesse anche testimoniato che nella fabbrica dove rimase chiusa per volere del capobranco, Bryan Andres, girava una pistola, con la quale venne ripetutamente minacciata. Dunque ci fu anche intimidazione ma di tutto questo il tribunale di Barcellona pare non averne tenuto conto avendo anche assolto tutti gli imputati dal reato di “minaccia” e dall’accusa di ostruzione alla giustizia dopo che diversi testimoni avevano riferito di essere stati intimiditi pesantemente al fine di costringerli al silenzio.
Oltre alla beffa, c’è il danno: la Corte ha stabilito un risarcimento per la vittima di 12 mila euro, considerando che “l’attacco all’integrità sessuale della vittima fu estremamente intenso e particolarmente denigratorio e che, inoltre, è stato inferto a una minore senza fissa dimora. Risarcimento oltremodo risibile. La ragazza infatti – seguita già prima della violenza dagli assistenti sociali per via della sua difficile situazione familiare che l’aveva portata a vivere con sua nonna e poi a entrare e uscire dai centri per minori – secondo gli psichiatri “ora ha paura anche ad uscire di casa, ad andare a scuola e soffre di attacchi di panico”.
Insomma un ritorno al passato, una sentenza oltraggiosa per fortuna non ancora definitiva. Oltre alla difesa, che ha già dichiarato che presenterà ricorso chiedendo l’assoluzione, sono le associazioni femministe spagnole a giurare di alzare di nuovo – come nel caso della Manada – un polverone mediatico in strada e sui social, sperando che come in quel caso, il prossimo giudice riveda la pena, classificando anche questo reato come violenza e non solo come abuso.
Tutto questo ha giustamente riacceso e fatto esplodere le proteste dei movimenti per i diritti delle donne e l’indignazione della società civile per una legge considerata dai più, arcaica e sessista, indegna di un Paese civile.
Ma non è solo la riforma del codice penale a non poter più attendere, è la coscienza della gente, di noi tutti che deve necessariamente ritrovare il binario giusto su cui far viaggiare il nostro futuro. Educare le persone alla civiltà e al rispetto reciproco sembra uno dei tanti progetti che già da tempo ci è sfuggito di mano. Come spesso accade sta ai singoli innescare la miccia che possa far illuminare la coscienza di altre persone. E sembra assurdo che nella Spagna di oggi possano accadere episodi come questi, legittimamente “minimizzati” e derubricati come fatti di poco conto.
E’ la donna stessa, in quelle parole scritte nel codice penale, ad essere considerata un oggetto e non una persona.
di Stefania Lastoria