Quanta precarietà in certe idee, mentre i giovani fuggono.

“Conosco giovani che è meglio che siano andati via, perché questo paese non soffrirà a non averli tra i piedi”. Parole del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti riguardo alla fuga di giovani italiani all’estero.
Molte critiche ha suscitato nei giorni scorsi la permanenza al governo di Maria Elena Boschi. Proprio lei che aveva dato il nome alla riforma bocciata nel referendum. Pochi, invece, si sono scandalizzati della conferma di Poletti. É il simbolo dell’abisso che c’è tra la realtà raccontata dalla politica e da certi media, e la realtà con la ‘R’ maiuscola. Quella con cui devono avere a che fare le persone normali, giorno dopo giorno.
Rimanendo in questa dimensione reale, altro che riforma costituzionale! Le cause della sconfitta referendaria vanno cercate nelle politiche del lavoro.
Come mostrano i dati di ottobre 2016 dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, la crisi occupazionale non migliora. La vendita dei voucher ha subito un’autentica esplosione (32,3% in più rispetto all’anno precedente) e il lavoro diventa sempre più precario.
Il professor di Economia Politica, Andrea Fumagalli, la chiama “istituzionalizzazione della condizione di precarietà”. Un idea che lega il Jobs Act e la Loi Travail in Francia. Punta a fare del posto fisso un ricordo. Si dice, per adeguarsi al presente e rendere il lavoro dinamico, liquido. Eppure, la crescita dell’occupazione in Italia procede molto più lentamente che nel resto d’Europa. D’altronde nella ricerca economica, non c’è nessun riscontro oggettivo della teoria che maggiore flessibilità porti a più occupazione. Questa tesi è riconosciuta persino da economisti decisamente non schierati a sinistra.
Ichino e Poletti, tra gli altri, quando fu approvato il Jobs Act, ne esaltavano la modernità. In realtà, era una legge intrisa di idee già vecchie.
Per molti giovani questa è una questione di libertà. La libertà di costruirsi un futuro che vanno a cercare sempre più spesso all’estero. Chi rimane, invece, spesso lo fa perché non ha neanche la possibilità di scegliere.
L’Italia non può permettersi di rinunciare a questi giovani. Si potrebbe fare a meno, forse, di qualche ministro, senza soffrirne troppo.

di Pierfrancesco Zinilli

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