Elezioni in Francia, qualcosa da studiare

C’è sempre da prendere esempio, in politica, dai francesi, che con “Liberté, Egalité, Fraternité”, le parole d’ordine della rivoluzione del 1789, hanno portato in Europa e nel mondo l’antica democrazia ateniese e ne hanno mostrato le forme realizzative in epoca moderna,
Indubbiamente essi hanno il senso di un popolo che si fa stato. Forse perché sono nazione da quasi mille anni, e ne sono consapevoli anche in un momento storico in cui argomenti di rabbia non mancano.
Basta notare che, dopo che le primarie presidenziali hanno espresso i due candidati all’elezione finale, i candidati sconfitti si sono pronunciati per, e non contro uno dei contendenti. Come invece da noi capita sempre, forse perché siamo stato nazionale da neanche due secoli, con forti singolarità regionali, talvolta anche con velleità separatiste.
In qualche misura, anche la stessa lettura di “democrazia diretta, in Francia, ha aspetti interessanti, rispetto ai modelli italiani coi gazebo o via internet.. Sia quello del Pd dove, con soli due euro e un’autocertificazione di simpatia, si può votare per il segretario e quindi anche per il futuro candidato alla presidenza del consiglio (molto meglio, per evitare gli “stai sereno”, se per Renzi e contro Orlando e Napoletano). Sia quello del M5Stelle, dove un numero ridotto di adepti indica la persona più adatta (ovviamente, salvo superiore rifiuto del garante).
Ecco, in Francia, l’outsider candidato presidente di “France insoumise” Mélenchon, si è rivolto ai 440 mila francesi che avevano aderito al suo programma elettorale chiedendo loro, per il secondo turno delle presidenziali, di scegliere tra il voto bianco o nullo, l’astensione o l’appoggio a Macron.
Nel programma di “France insoumise”, infatti, si parlava dell’euro non per sopprimerlo, ma per svalutarne la parità rispetto al dollaro. Si parlava di una rapida armonizzazione sociale e fiscale tra i paesi dell’Unione Europea. Si parlava di un’alleanza tra i paesi del Sud Europa per uscire dall’austerità con politiche concordate sul piano ecologico e sociale. Non c’erano quindi elementi di nessun genere per indirizzare il voto di ballottaggio su Marine Le Pen.

Già, a proposito di programmi, il pensiero va a quelli per il nostro futuro, nel nostro paese. Per il momento ci sono solo chiacchiere, tese ad illudersi di creare simpatia in un elettorato giustamente rabbioso. Che pure non si può aspettare niente, in una situazione in cui il debito pubblico cresce di 4500 euro ogni secondo, di 389 milioni di euro ogni giorno.
Cioè un debito che cresce, per ciascuno di noi , di quasi 2400 euro all’anno.
Non abbiamo neppure una legge elettorale decente, sono inascoltati i continui appelli del Presidente della Repubblica. Sembra quasi che qualcuno punti ad usare i resti dell’Italicum per arrivare ad un parlamento che non consenta maggioranze e quindi a nuove elezioni con una legge fotocopia di quella largamente cancellata dalla Corte Costituzionale.
Anche in questo, forse, dovremmo imparare dalla Francia. Che con De Gaulle si dette una legge elettorale per una repubblica presidenziale, ma con un parlamento eletto separatamente ed in tempi diversi, quindi con un equilibrio di poteri inesistente nell’Italicum, la legge del padrone unico (la più bella del mondo, diceva l’ex presidente Renzi).

Ma torniamo ai programmi, per quello che le intenzioni possono valere.
Perché quello del Front National è scontato per un raggruppamento sovranista: no Shengen; frontiere nazionali; disarmo della banlieu; immigrati regolari solo 10mila all’anno contro gli attuali 220mila e con ridotti rimborsi sanitari; no euro (referendum); dazi doganali (3%); no eurozona; no U.E.; no Nato; autarchia alimentare ed agricola..
Molto simile a quello, da noi, di Salvini (salvo forse la Nato). Sembra quasi allestito per un quinquennio di opposizione da primo partito, per una possibile vincita 5 anni dopo.
In qualche modo simile, da noi, ad un periodo di serrata opposizione del M5Stelle ad un’eventuale intesa Pd-Fi, con l’obbiettivo di un successivo superamento del 40%.

Il programma di Emmanuel Macron (non è possibile al momento capire qual sarà la forza parlamentare di “En Marche!”) è certamente ambizioso.
La sua presentazione: “Mon Contrat avec la Nation” ricorda qualcosa che abbiamo visto da Vespa in Italia, una ventina di anni fa.
Ma l’impostazione che segue è sapiente, articolata in sei cantieri (lavoro, istruzione, cultura, sicurezza, modernizzazione economia, rinnovamento democratico e internazionale) per i quali si hanno in particolare i punti:
– Piano di investimenti pubblici da 50 miliardi, un impegno per formazione, aumento competenze, transizione energetica e modernizzazione dello Stato;
– fondo da 10 miliardi per l’innovazione nell’industria;
– riduzione di 60 miliardi della spesa pubblica;
– taglio di 120mila dipendenti pubblici;
-prelievo unico del 30% sui redditi da capitale;
– alleggerimento fiscale (10 miliardi) per famiglie in affitto;
– durata orario di lavoro decisa in azienda, sempre con quella legale a 35 ore;
– aumento budget difesa dal 1.7% al 2,0%;
– realizzare l’Europa della Difesa, con fondo specifico;
– mercato unico europeo dell’energia e dell’economia digitale;
– creare (per un mese) un servizio militare obbligatorio universale;
– cassa unica e abolizione dei regimi speciali di pensione.

Non è un programma leggero, è certamente importante.
Ma fa pensare a tante cose, viste negli ultimi decenni, proposte in Europa dai politici moderni di area socialista (Mitterand, Blair, Craxi, Schroeder, Hollande). Sono riusciti in qualche modo a far crescere la ricchezza, ma ancor più hanno fatto crescere il suo contenitore.
Ma, ce l’ha ricordato papa Francesco, non c’è stata ricaduta all’esterno. Verso i poveri, i più deboli, i più maltrattati, il popolo del lavoro non è scesa una sola goccia di ricchezza.
E sta crescendo la protesta, la rabbia di questa umanità emarginata.
Che putroppo può essere intercettata e sfruttata da forze populiste.
Che avrebbe meritato una vera forza politica in sostegno.
Che in Francia non può essere solo il 19,4% di Mélenchon.

di Carlo Faloci

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