Cyberbullismo: le insidie nel bosco del web.

 

 

“…Un giorno la mamma disse: “Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. Va’ da brava senza uscire di strada.”
“Sì, farò tutto per bene,” promise Cappuccetto Rosso alla mamma. Ma la nonna abitava nel bosco, a una mezz’ora dal villaggio. Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo. Non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura… “

Passando davanti ad un edificio scolastico nell’ora dell’inizio delle lezioni, col traffico bloccato dalle automobili delle madri che accompagnano i figli a scuola, si potrebbe pensare che la mamma di Cappuccetto Rosso, che manda a cuor leggero la propria bambina nel bosco da sola, non esiste più. Le nuove mamme sembrano molto attente, persino ossessive, a proteggere i propri figli dai pericoli, a tenerli lontani dai boschi. Fino a quando non consegnano loro uno smartphone. É quello il momento inevitabile in cui ogni nuova mamma torna ad essere la vecchia mamma della favola, quella che abbandona la prole sulla soglia del bosco, alle prese coi pericoli della Rete.  I bambini non sono ancora  pronti per una second life, una vita virtuale nella quale muoversi senza genitori, nè guide, nè limiti. Abbandonati in rete, i figli diventano orfani, soli in un mondo diverso che ha un tempo piú denso e uno spazio piú pieno, persi  in un crocevia di messaggi, travolti da un’abbondanza di informazioni che impedisce di separare il vero dal falso, il bello dal brutto, il giusto dall’ingiusto.
Qualcuno ha scritto che nel mondo ci sono piú connessioni che anime. Le anime sono connesse, i corpi no e in assenza di un contatto fisico la comunicazione emotiva, che passa esclusivamente attraverso il corpo, viene meno. E poiché le parole dicono, ma solo le emozioni rivelano il vero significato della comunicazione, incontrarsi solamente online vuol dire rinunciare alla nostra interezza. Se potessimo vedere le infinite connessioni della rete Rete ci troveremmo immersi in una ragnatela smisurata dove c’é il pericolo di rimanere invischiati. Chi rischia maggiormente di rimanere incastrato nella ragnatela, vincolato ad un guinzaglio elettronico sono i nativi digitale, che appartengono alla cosiddetta Generazione Zeta: ragazzi nati tra la metà degli anni ’90 e il primo decennio del nuovo millennio. Alcuni sono ormai maggiorenni, altri poco piú che adolescenti, ma molti sono ancora bambini. Ricevono mediamente il loro primo smartphone a 11 anni e mezzo, un anno dopo  si iscrivono a Facebook. La virtualità per loro é piú reale di quello che noi siamo abituati a pensare. Cresciuti tra tablet, internet e computer conoscono alla perfezione il funzionamento dei dispositivi elettronici, passano buona parte della giornata navigando, stanno di norma nei social network, ma nonostante questo non conoscono fino in fondo le insidie che si possono nascondere dietro lo schermo. Loro, del lupo, ancora “non sanno che é una bestia cattiva” e non hanno paura fino a quando non ne diventano preda. L’8,5% dei ragazzi tra 14 e 19 anni é abitualmente vittima di cyberbullismo. Ancora peggio:  nella fascia d’età 11-13 anni si stima che due studenti per classe potrebbero essere vittime potenziali. Sulla linea di Telefono Azzurro durante l’anno scolastico 2015-2016 è stato segnalato un caso al giorno di bullismo e cyberbullismo.
Sono dati preoccupanti che rappresentano solo la punta dell’iceberg rispetto alla vastità del fenomeno. La Rete ha amplificato il bullismo ed ha abbassato l’età delle vittime. Il cyberbullo é quasi sempre il compagno di scuola. Nel  web, dove le norme sociali degli adulti si attenuano, il bullo segue le regole della Rete,  secondo le quali le condotte a-morali sono considerate lecite e offendere diventa possibile. Nel web il bullo si dà un ruolo, si sente protetto dall’idea dell’anonimato, nascondendosi dietro lo schermo di un’identità virtuale non ha un contatto diretto con la vittima e quindi non ne percepisce la sofferenza, anzi, ne trae vantaggio per alimentare la consistenza del suo ruolo.  La vittima di bullismo, per contro, tende a diventare invisibile. Difenderla é difficile. Non esiste nessun Paese al mondo che abbia la ricetta per il cyberbullismo, ci si muove per tentativi. É impensabile riuscire a garantire ai minori un’esperienza sicura attraverso la repressione. Occorre investire sulla formazione delle famiglie, dei ragazzi e degli insegnanti. L’unica maniera per difendersi é conoscere il nemico.

di Daniela Baroncini