Alitalia di carta: tutti giù per aria
Che ci fanno Dario Fo, Ascanio Celestini, Marco Travaglio nel 2008 su aereo della nostra compagnia di bandiera suicidato dallo Stato? Lo spiegano loro stessi quali protagonisti nel docu-film di Francesco Cordio Tutti giù per aria. L’aereo di carta. Film in programmazione al Cinema Farnese, in Campo de’ Fiori a Roma, mercoledì 4 dicembre alle 18.30. Ma i veri protagonisti, registi, soggettisti, sceneggiatori, operatori di ripresa, sono lavoratrici e lavoratori Alitalia che nel 2008 hanno realizzato circa ottanta ore di riprese della loro lotta per non farsi buttare giù dai voli. Il film, infatti, risale al 2009, ed è ideato, prodotto, e scritto dagli assistenti di volo Alessandro Tartaglia Polcini, Francesco Staccioli e Guido Gazzoli. L’attore Fernando Cormick dà la sua faccia e la sua sensibile interpretazione a ognuno e a tutti insieme quei lavoratori nella loro drammatica giornata simbolo, dalle cinque del mattino, in divisa perfettamente stirata, fino al momento della collisione giù per aria, del loro vagare disfatti sui selciati del licenziamento. Roberto Pedicini, doppiatore di grandi star internazionali, offre invece la sua voce a un testo, a una riflessione interiore che percorre tutto il film quale espressione esistenziale di grande forza. La stessa forza che il regista Francesco Cordio conferisce a tutta l’opera, confermando ancora una volta la preziosa qualità del suo sguardo cinematografico e sociale.
Personale di terra, assistenti di volo, piloti Alitalia ingaggiarono quell’anno una delle più dure e cruciali vertenze aziendali dell’ultimo ventennio. Dura, perché ne schiantò più di diecimila a terra; cruciale, perché per i padroni privati fu anche sperimentale. Ossia sperimentarono direttamente sul campo la possibilità di spogliare di diritti, redditi, dignità il materiale umano. Come è possibile – ci si domanda guardando sgomenti le immagini del film – che di fronte a un attacco di tale gravità sociale i dipendenti Alitalia si siano ritrovati soli? Perché ogni categoria sfila sempre separata, isolata sui viali interni, sulle strade pubbliche, davanti ai palazzi ministeriali? La sconfitta di quelle lavoratrici e lavoratori, infatti, rappresenta l’applicazione di quella sperimentazione padronale a ogni altro settore lavorativo, dalle scuole alla Fiat-Fca di Marchionne.
Alitalia fu svenduta e divisa in un due: una best e una bad company, secondo il principio di massimizzare i profitti per i privati e socializzare le perdite, scaricandole sui contribuenti. CAI – Compagnia aerea Italiana – colse fiore a fiore “il miglior materiale umano al più basso costo possibile”: ossia solo coloro che erano disposti a rinunciare ai precedenti diritti, orari e salari. Ma anche chi – come soprattutto le lavoratrici con figli – non era neanche in grado di offrirle quelle rinunce. Gli altri furono rovesciati direttamente nella discarica della cassa integrazione. Azionisti di CAI erano i soliti noti rapaci-incapaci del capitalismo nostrano. Colaninno, Benetton, Riva, Fratini, Ligresti, Toto, Marcegaglia, Caltagirone, Gavio, Maccagnani, Tronchetti Provera, pretesero e ottennero dallo Stato – anche nella sua triplice articolazione sindacale Cgil-Cisl-Uil – la testa dei lavoratori, come Salomè quella di Giovanni Battista da Erode. Alicidio, questo il termine reale della vertenza incassata allora dai padroni privati. Oltre 5 miliardi di euro è il prezzo pagato dal contribuente pubblico, 900 mila quelli perduti ogni giorno, un milione quello distribuito ai manager per “buoni risultati di gestione”, 48 di cui 43 esterni i nuovi dirigenti nominati. Non era bastato l’osceno balletto corruttivo che aveva portato a fuoriuscite da capogiro e alle condanne – tra il 2001 e il 2007 – il top management rappresentato da Mengozzi, Cimoli, Spazzadeschi, Ceschia.
A dieci anni di distanza i risultati di quello schianto suicidale sono sotto i nostri occhi attoniti come ferraglie fumanti. Per questo il film di Francesco Cordio e dei lavoratori Alitalia torna di bruciante attualità e deve essere visto per la prima volta o rivisto ancora. Alla fine della proiezione tornano pure le loro voci dal vivo, in un dibattito con docenti e giornalisti, cui è stato invitato anche l’ex ministro Carlo Calenda.
di Riccardo Tavani