No, non stanchiamoci di parlare di Femminicidio
L’omicida di una donna, spesso, le dorme al fianco. Non è un’impressione, non è un pensiero negativo su e contro gli uomini. E’ una realtà raccontata da dati statistici (Eures) che sono raccolti, anno dopo anno e che narrano di donne uccise dai compagni di vita. I numeri, freddi e senza volto, raccontano che di tutti gli omicidi volontari il 38% è costituito da uccisioni di donne. Di queste uccisioni l’85% è stato commesso dai familiari e di quelli commessi dai familiari il 75% è commesso dai partner.
Le ragioni della necessità di distinguere e, conseguentemente punire, le uccisioni delle donne in determinati contesti, separando gli omicidi di donne dai femminicidi, nasce dalla considerazione che queste uccisioni cercano una giustificazione all’azione efferata. Sono realtà in cui la donna sembra essere considerata un possesso dell’omicida, una vita spezzabile per troppo amore, per gelosia, per una separazione non accettata, perché, in qualche modo, considerata come provocata dalla parte femminile.
E’ innegabile che fino a qualche anno fa, pochi decenni fa, nel nostro paese si parlava ancora di delitto d’onore. Una vergogna per ogni paese che voglia definirsi civile. Se la legge 442 del 10 agosto 1981 ha, infatti, cancellato l’esecrabile delitto d’onore, la rimozione della giustificazione dell’azione violenta non è stata ancora del tutto compiuta. Perché ciò avvenga occorre lavorare sul contesto sociale e culturale, facendo sentire in torto, in difetto, sbagliato, condannato, chiunque pensi di poter disporre della vita della propria partner, per un maledetto senso di proprietà.
Nel concetto di femminicidio, diversamente dall’omicidio di una donna, sono incluse le, false, motivazioni, le cause dell’uccisione. La morte, come rilevato dai dati raccolti, arriva solitamente dopo un periodo di vessazioni e violenze. Si potrebbe arginare il fenomeno aiutando le donne prima dell’apertura dell’ultimo atto? Si potrebbero creare strutture, intervenire sui compagni violenti, punire chi tormenta, picchia, vessa in qualsiasi modo, la propria compagna?
Occorre un forte cambiamento culturale, una presa di coscienza in Italia, ma anche nel resto del mondo, per compiere questo importante passo avanti verso il reciproco rispetto di genere. Tutti, uomini e donne, devono cambiare mentalità, arrivando alla totale condanna senza giustificazioni di ogni gesto di violenza. Indubbiamente non siamo ancora vicini al traguardo, considerato che, in una sola settimana a gennaio sono state uccise sei donne, morte tutte per mano di mariti o fidanzati.
A volte l’amore non è bello, perché non può essere considerato amore…
di Patrizia Vindigni