Caso Lodi: razzismo o scelta di equità

Alla fine di tutto le vittime sono sempre loro: i bambini, la classe più indifesa. Eppure la vicenda che da giorni divide la città di Lodi e l’Italia intera merita una riflessione profonda, al di là delle prese di posizione ideologiche e delle strumentalizzazioni politiche. Un regolamento comunale introdotto nel 2017 (ma entrato in vigore con l’inizio del presente anno scolastico) dal sindaco leghista Sara Casanova impone alle famiglie extracomunitarie di presentare, per accedere alle agevolazioni su mense e trasporto scolastico, una documentazione che attesti l’assenza di reddito e di beni rilasciata dal proprio paese di provenienza, documentazione che però, in moltissimi casi, è irreperibile, precludendo di fatto alle famiglie extracomunitarie di accedere a tali agevolazioni, e costringendoli nella stragrande maggioranza dei casi a rinunciare ai suddetti servizi, essendo automaticamente collocati (in assenza di certificazioni) nella fascia di reddito Isee più alta.

In prima linea contro la delibera del sindaco Michela Sfondrini, libraia “per passione” (come lei stessa si è definita) e fondatrice del Coordinamento Uguali Doveri, nato proprio a sostegno delle famiglie colpite dal regolamento comunale, e grazie al quale in pochi giorni sono stati raccolti oltre 60.000,00 euro che andranno a colmare la differenza tra le cifre pagate lo scorso anno dai genitori e la cifra richiesta quest’anno in assenza delle nuove certificazioni richieste, e che hanno permesso ai bambini esclusi di rientrare, già partire dal 16 ottobre, a mensa con tutti gli altri bambini.

La protesta però non si è placata con questa prima vittoria: l’obiettivo, infatti, è quello di ottenere una modifica al regolamento che tanto penalizza i cittadini stranieri. Se, da un lato, importante è stata la mobilitazione a sostegno di questa causa, dall’altro in molti hanno appoggiato la posizione del sindaco che, assicura, non ha nessuna finalità razzista, ma soltanto di “equità”. Esattamente come lo si pretende dalle famiglie italiane (che hanno l’onere di certificare i propri redditi per poter accedere alle agevolazioni), allo stesso modo lo si chiede alle famiglie extracomunitarie, per non incappare in una sorta di “razzismo al contrario”.

“Noi vogliamo solo che acceda alle tariffe agevolate chi ne ha diritto” ha dichiarato il sindaco, che ha anche chiarito come “sin dall’inizio ho detto che avremmo valutato caso per caso”, a tutela di tutte quelle situazioni in cui, effettivamente, la produzione di tali certificazioni fosse realmente impossibile. Se dietro questa decisione ci sia una reale volontà discriminatoria sarà il tribunale di Milano a valutarlo, nel corso dell’udienza che si terrà in prossimo 6 novembre, così come dovrà stabilire la costituzionalità del provvedimento; intanto non si placano le polemiche intorno alla vicenda, che vede le due donne a capo delle due diverse fazioni. Tra chi cerca di strumentalizzare la questione gridando all’ennesimo atto di razzismo e discriminazione e chi invece tenta di liquidarla riducendola a banali questioni amministrative, i veri protagonisti di questa storia, i bambini, sono momentaneamente tornati alla normalità; normalità che mai, per nessun motivo al mondo, dovrebbe essere loro negata.

di Leandra Gallinella