Invito alla lettura

Gesù non era cristiano.

Era un ebreo laico, che non voleva fondare una religione, ma testimoniare con la sua vita un nuovo modo di esistere.

Da Gesù si è sviluppato il cristianesimo, divenuto autonomo dall’ebraismo soltanto dopo il 70 d.C., dopo la distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme. Per decenni dopo la morte di Gesù non sono esistiti cristiani, i suoi seguaci andavano al Tempio, come gli altri ebrei, cercando di vivere la novità di questa spiritualità che non fondava religioni ma trasformava le loro vite.

Il Cristianesimo, dopo tre secoli di “tempo dei martiri”, da perseguitato divenne Potere, sotto l’imperatore Costantino, e poi persecutore e dittatore, sotto Teodosio.

Carl Gustav Jung nell’introduzione di Psicologia e Alchimia, libro fondamentale della storia della psicoanalisi, scrive che la civiltà europea non è mai stata davvero cristiana se non superficialmente. Abbiamo evangelizzato le menti coscienti, scrive Jung, ma non la psiche delle persone, nella quale, mascherati da Gesù e Maria, gli antichi dei pagani hanno continuato a domandare i loro tributi di sangue.

Oggi c’è una sete spaventosa di spiritualità. In Italia e in Europa, tuttavia, spesso ci si rivolge alle Sapienze orientali, perché il Cristianesimo, reduce da 1700 anni in cui è stato Potere, non si ricorda più come si fa a prendersi cura delle anime.

Nella tradizione cattolica romana si è ridotto la Fede a Dogmi; la liturgia a ritualismo; la prassi esistenziale a precetti; il dialogo col Divino a devozionismo.

La violenza con cui storicamente è stato proposto il Cristianesimo ha portato la nostra civiltà a dover uccidere Dio per custodire la libertà, e questa polarizzazione archetipica oggi la ritroviamo ovunque.

Abbiamo tagliato i ponti coi nostri modi tradizionali di nutrirci di contenuti spirituali, e quando vogliamo sperimentare un percorso interiore, spesso ci rivolgiamo altrove: all’Oriente, alla psicoanalisi.

Eppure la tradizione spirituale cattolica non ha niente da invidiare né alle sapienze orientali né a quelle psicoanalitiche, anzi: la sapienza spirituale cristiana andrebbe riscoperta e lasciata spontaneamente dialogare con queste ricchissime tradizioni che, se ascoltiamo il Vangelo “siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe” (Lc 13, 22-30).

Questo articolo vorrebbe essere un umile tentativo di contribuire a tale dialogo, e vorrebbe esserlo essendo al contempo un invito alla lettura di tre testi fondamentali: I centomila canti di Milarepa della tradizione buddista, Psicologia e Alchimia, di Carl Gustav Jung e Il Castello Interiore, di Teresa d’Avila.

I tre testi, da prospettive diverse, propongono il medesimo itinerario spirituale di fondo, quello che va dall’ego individuale, che gli indù, con straordinaria sapienza, chiamano ahamkaram, letteralmente io (aham) forzo (karam), fino alla sperimentazione del Centro interiore che ci costituisce, che risplende nei mandala buddisti tibetani, da Jung è chiamato Sé, e da Teresa è chiamato Dio.

Il Centro dell’Anima è Dio. questo, in termini cattolici, il messaggio rivoluzionario che Teresa d’Avila ci consegna. Le costò carissimo farlo. Una vita di persecuzioni, di inquisizione, di processi, calunnie, perché non era tollerabile che una donna, nel XVI secolo spagnolo, rimandasse in prima battuta le persone a scoprire Dio al centro di Sé.

L’Inquisizione spagnola processò più volte Teresa, e le confiscò il primo scritto da lei redatto su ordine dei suoi direttori spirituali sul suo metodo di incontro con Dio, che era un’autobiografia.

Il Castello Interiore, capolavoro della santa di Avila, che era una scrittrice geniale, forse la prima geniale scrittrice donna della storia moderna, nasce come risposta alle molte richieste delle discepole di Teresa che le chiedevano come pregasse.

Invitare a leggere i tre testi che qui propongo significa invitare a costatare personalmente che, con tradizioni, culture e linguaggi diversi, lo spirito umano ha sempre affermato una medesima realtà di fondo e proposto molteplici vie per arrivare nello stesso punto.

Per arrivare, in definitiva, a rendersi conto che il Centro di ogni cuore, se osservato in profondità, non è niente altro che, per dirla con Bruno, la Fonte sorgiva dell’Infinito.

Giacomo Fagiolini

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